Il Sant'Antonio di gennaio viene festeggiato con le "farchie". E' una festa dove sono evidenti i prodromi dei riti carnevaleschi mentre si lasciano quelli natalizi; il carattere di transizione è evidente nella mescolanza di usanze tardo natalizie, come quella inerenti i cibi (crespelle, cauciune, serpentone) mentre il brio e l'allegria di gruppo sembra preludere al Carnevale; " il carattere calendariale della festa che coincide con il periodo invernale: il fuoco purificatore, allontanatore del male, prepara l'ascesa dell'astro solare necessaria per nuovi e abbondanti raccolti ( ... ) Tra gli aspetti rituali più interessanti di questa festa si distinguono le tradizioni melodiche teatrali come i canti e le sacre rappresentazioni; queste ultime, che derivano probabilmente dalle commedie dei santi di origine spagnola del tardo Rinascimento, raccontano in forma melodrammatica le vicende di Sant'Antonio nel deserto". (Gandolfi)
La leggenda
E' tradizione che la festa delle farchie sia stata originata da un miracolo per intercessione di S. Antonio al tempo dell'invasione francese del 1799. All'epoca Fara era protetta da un grande querceto che si estendeva fino a coprire interamente la contrada da Colli. Venendo da Bucchianico verso Guardiagrele i Francesi volevano occupare Fara ma l'apparizione di S. Antonio nelle vesti di un generale li fermò. Il santo intimò alle truppe di non oltrepassare la selva ed al loro diniego trasformò gli alberi in immense fiamme che scompigliarono i soldati.
Le farchie
Le farchie sono dei fasci cilindrici di canne legati con rami di salice rosso aventi generalmente un diametro di cm 70-100 ed una lunghezza di mt. 7-9. Sono preparate da varie contrade e da queste portate processionalmente il pomeriggio del giorno 16 gennaio sino al Largo antistante la chiesa di S. Antonio Abate per essere innalzate ed incendiate con una simpatica rappresentazione
coreutica.
Come si svolge la festa
Il giorno 16 gennaio dalle contrade partono trattori decorati con sopra le farchie. E norma che i cortei prima di iniziare il viaggio recitino le litanie lauretane. Un suonatore di "trevucette" si mette a cavallo della farchia mentre un tamburino si mette a capo del corteo. I contradaioli scaricano la farchia poggiandola sul suolo e quindi, al comando di un uomo chiamato "capofarchia" la innalzano in piedi. Quando tutte le farchie sono alzate si dà inizio all'incendio. Alcuni mortaretti incendiano la sommità come una grande torcia. Esiste la competizione tra le contrade: vince chi, dopo aver dimostrato maestria e perfezione, incendia per ultimo la farchia.
Qual è la farchia migliore
A detta dei partecipanti la perfezione tecnica della farchia viene alla luce solo dopo che è innalzata: la verticalità, il giusto allineamento dei nodi, la corretta sistemazione delle canne per evitare rigonfiamenti o torsioni, sono i requisiti principali di giusta maestria, messi in relazione con le dimensioni metriche.
Il nome "farchia"
L'origine etimologica di "farchia" potrebbe essere ravvisata in "fòrchia" che tuttora nel dialetto di Palena (CH) significa caprile dal latino fùrcula da cui farchja in relazione alle canne intrecciate che delimitano il caprile nella stalla; oppure da "farchjié' canna palustre con cui si impagliavano le sedie o si bruciavano le setole del maiale. In abruzzese comunque "farchie" indica anche una fiaccola di canne oppure legna intrecciata a mo' di falò che si brucia la notte di Natale o nella festa patronale. Di conseguenza la parola indica anche l'asta di legno che sostiene il falò bruciato davanti alle chiese la notte di Natale.