CAPODANNO

I brani sono tratti dal libro "CREDENZE USI E COSTUMI ABRUZZESI" di Gennaro Finamore.

La sera della vigilia di Capo d'anno, da dopo l'avemmaria fino ad ora tarda, ragazzi, ragazze, ed anche adulti popolani, non a brigate, ma d'ordinario soli o al più in due, con accompagnamento di cembali (tamurjielle), mortai, padelle, palette, molle (in altri luoghi, con chitarre battenti e sistri), vanno a cantare gli auguri innanzi alle case di loro conoscenza. E poiché di clienti c'é sempre chi ne ha più degli altri, spesso, innanzi alla stessa casa, dopo uno col cembalo, ne arriva un altro col mortaio; poi, uno colla padella e poi altri ed altri, per modo che in tutta la città i canti e i suoni, incalzando sempre, a ora avanzata sono tanti che ogni via n'é piena; e nessuna porta, da cui l'indomani potrà uscire una marcia, rimane senza l'onore degli auguri. Dei quali, ecco un saggio:

Bbona sére, N. ... N. ... mio patrone;
Li bbone fést' e lu bbone caped'anne.
Dije ve huarde quéssa vostra mojje,
E cquésse care fijje ch' avét' accande.
Tant' ore pozza 'ndrá' a 'ssu palazze huanne,
Pe' cquanda pése lu patrone nghe ttutte li panne.
E ccome 'st' anne te véde sartore,
'St' avetr' anne te pozza vedé' Recevetore
(Lanciano).

Come si vede, nel fare gli auguri non si lesina. Oltre ai ragazzi e alle donnicciuole, suonatori e cantori meno volgari fanno auguri alle spose e alle persone amiche designate da coloro che li guidano.Mentre dura la musica, questi, con una ladra, depositano sul davanzale della finestra, che vedono illuminata, un fiore; e il dì seguente, in cambio, ricevono in dono una gallina (Scanno).

Come nella notte di Natale si fanno presagi intorno alle stagioni e ai prodotti della terra, nella sera della vigilia di Capo d'anno se ne traggono intorno alla vita dell'uomo. Spazzata la brace, sul piano rovente del focolare si fanno cadere, una la volta, le foglie di un ramoscello di ulivo, e si dice:

Capedanne, che vvjie 'na vóta l'anne,
Vo' ésse' vive N... . N...., ogg' i a ll'anne?

Se la foglia si agita e volteggia, la persona nominata vivrà ed avrà salute in proporzione dei movimenti della foglia; ma se questa rimane immobile, e lì brucia, quella persona é spacciata (Gessopalena...).
E c'é chi, oltre ai responsi intorno alla vita, ne vuole dalla foglia anche degli altri: se raccoglierà molto o poco di grano, di granturco ('randinije), di fave etc.; se si diventerà ricchi o poveri; se capiterà uno sposo... (Roccascalegna).


All' alba del Capo d'anno, alcuni visitano gli amici meno vigilanti, e battendo i dormiglioni con una scarpa, dicono:

Bbon dì, bbon dì e bbon' anne,
Che 'na bbona Capedanne.
Ji' te méne che 'stu scarpone
Lassa ju vizie vé', e ppíjja ju vone.

Chi non può prendersi la libertà di battere con lo scarpone, e va per chiedere la mancia, dopo l'augurio soggiunge:

Se mme daje la curtescije,
Ji' te diche 'na 'vemmarije (Pescocostanzo).

Più spesso, i maggiori della casa, con una bacchettina, vanno nella camera dove dormono i ragazzi, e battendoli, dicono:

Ujj é Ccapidaim' e anne nove:
Lassáime lu vizie vicchie, pijjáime lu nove (Archi).

La mattina di Capo d'anno, ben per tempo, le donne vanno ad attingere l'acqua nova. Quelle povere la portano in dono alle famiglie cui sono devote, insieme con un ramo di ulivo - che poi, nell'Epifania, servirà a fare le predizioni -, e ricevono in cambio fichi secchi, noci, legumi cotti etc. La prim'acqua, attinta innanzi lo spuntare del sole, serve per lavarsi, e si beve per devozione (Caramanico).

Se due persone si lavano, insieme, con l'acqua nuova, diventano compari o comari, come in S. Giovanni (Celano).

Le ragazze vanno ad attingere prima che sorga il sole facendo a gara a chi arriva più presto. A casa, lavatasi la faccia con l'acqua nuova, gettano questa sulla strada, e stanno a spiare chi passi prima sul bagnato, per trarne indizio della condizione del futuro sposo (Chieti).

Per quanto siano sollecite di andare ad attingere, le giovani spose trovano sempre nella fonte palme di ulivo, che gli sposi, prevenendole, vi hanno lasciate. Le foglie di quelle palme (rame) serviranno per i presagi "la mattina" dell'Epifania (Atri).

Pettorano é attraversato da un fiumicello. In punto a mezzanotte, di Capo d'anno, quell'acqua si arresta, e diventa oro (marcurije). Dopo quell'istante, l'acqua ricorre come prima. Una donna, che non sapeva questo - ma il fatto accadde molti anni fa - si trovò ad attingere proprio in quel momento; e, invece dell'acqua, porto a casa una conca d'oro.

La Fontana de' Santi Martiri, a circa mezzo miglio dalla città, di prima mattina getta oro (butta mercurije). Beata la donna che capita in quel momento ad attingere l'acqua gnóva! (Celano).

Nella mattina di Capo d'anno, chi prima va ad attingere, trova nella fonte un pesce d'oro (Archi): un anello d'oro (Lanciano, Castiglione); una conca d'oro (Torricella Peligna).


Nella mattina di Capo d'anno, i cantori della sera innanzi, i ragazzi, i poveri, vanno di porta in porta, là dove sperano di trovar grazia, chiedendo la mange. - la bbóna mange - la strina (Gessopalena). Questa consiste m una minestra di legumi, e specialmente di fave e grano, che in tutta la provincia di Aquila ha il nome di granato; e che in alcuni comuni (S. Giovanni Lipioni, Castiglione a Casauria), oltre ad essere dispensata per strenna, si mangia "per devozione" da tutte le famiglie. Secondo i luoghi e le persone, si danno anche fichi secchi, mele, crispelli etc.

A Capo d'anno, s'á da fa' nove 'mmasciate, s'á da magná' nove cose, e s'á da vévere nove vine (Lanciano, Archi, Vasto...).

Per buon augurio - perché quelle che sse fa 'n capedanne, se fa tutte l'anne - si dà principio a quante più faccende é possibile. Oltre a mangiare e bere il meglio che si può, la buona massaia cuce, fia, tesse, intride, assesta, anche per pochi momenti, tanto per darsi l'augurio che tutto ciò abbia a farsi in tutto l'anno.
Inoltre, si deve evitare tutto ciò che é male: piangere, adirarsi, bisticciarsi, e simili; e fare tutto ciò che é buono ed utile.
 
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