I brani che seguono sono tratti dal libro "CREDENZE USI E COSTUMI ABRUZZESI" di Gennaro Finamore e ve li proponiamo perché ricordano alcuni proverbi pubblicati su questo sito. Nelle massime di febbraio, infatti, sono citati i detti "LU DDÙ È LA CANILORE, LU TRE È BIASCIOLE, LU QUATTRE N'È CUBBELLE, LU CINCHE È AGATELLE" con chiaro riferimento ai primi giorni del mese e "LU DDÙ È LA CANNILORE, NIN CI NENGHE E NIN CI CHIOVE: NU PICCOLE SULICIELLE, QUARANTA JUORRE DI MMALE TIEMPE" riferito alle influenze che il giorno della candelora ha sulle condizioni atmosferiche dei successivi quaranta giorni. Oltre a ciò c'è anche un piccolo accenno alla frase - Sante Biasce! Sante Biasce! - indirizzata ai bambini che tossivano che, credo, tutti ricordino. Buona lettura!.
LA CANDELORA
La canelóra, la Cannelóra, la Cannellora.
La candela benedetta della Candelora si serba come oggetto sacro; e si accende, specialmente, per scongiurare le tempeste. Tutti, nel dì della Candelora, si astengono dal lavorare; ma in particolar modo i mugnai; perché, si narra di quel mugnaio, che non volendo osservare il giorno santo, vide venir fuori la farina in forma di candele (Campli).
La Canelóre, le' mmérn' (inverno) é ffore. Questo in generale; ma se la giornata, anziché serena, fosse più o meno coperta, e peggio se piovosa o nevosa, l'inverno si protrarrà ancora di altri quaranta giorni.
SAN BIAGIO
Sande Bbíasce, Sande Bbréscie. La Bbrescijole, il dì festivo di S. Biagio.
In Lanciano, si dice: Tré ssande fa pavure: sande Bbarbute (S. Antonio, 17 gennaio), sande Frecciute (S. Sebastiano, 20 genn.), e ssande Cannrule (S. Biagio, 3 febbraio); perché il primo é padrone del fuoco; il secondo, della polmonite; e il terzo, delle malattie di gola (cannarine).
Quando i bambini tossiscono, sia perché hanno male in gola, sia perché un po' di cibo é andato di traverso, si invoca: Sande Bbiasce! Sande Bbiasce!
Come rimedio da siffatti accidenti, nel dì del santo, si mangia per devozione il "pane di S. Biagio". La forma di codesto pane é, generalmente, circolare. Nei comuni principali, fin dalla vigilia, ne vedi in mostra sulle panche, da contentare, per dimensioni e qualità, tutti i gusti. Nell'Aquilano, lo chiamano ciambélla; nel Chetino e nel Teramano, taralle. [Una volta, nel Lancianese e nel Vastese, piccellate (buccellato); ma ora si sente poco, essendo più comune taralle]. In Gessopalena, panettélle, sf. pl., perché ha forma di panini a picce.
Nella chiesa già parrocchiale di S. Biagio, una volta, nel dì della Candelora, si distribuiva a ciascun confratello della Congregazione ivi esistente, una candela benedetta e un píccellato (Lanciano).
Gli sposi regalano alle spose un tarallo grande ed ornato, ricevendo, in cambio, a Pasqua, un cuore (Lanciano).
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