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RANABBUOTTE

Rospo. Il termine deriva dal dialetto partenopeo in cui con la parola “ranavuottolo” si intende la rana comune.
La convinzione che il rospo sia il maschio della rana ha probabilmente portato, nella fase di trasformazione della parola da un dialetto all’altro, a chiamare la rana con lo stesso termine del rospo.
In effetti, il rospo non è il maschio della rana tant’è vero che esistono rospi sia maschi che femmine così come ci sono rane maschi e rane femmine.
Che la parola derivi dal dialetto napoletano lo dimostra la famosa frase dialettale: “zompa chi pò” dicette o ranavuottolo (“salta chi può” disse il ranocchio).

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RASCHCACUANE

Terreno leggermente smosso. La parola è l’unione di due termini dialettali, “rasche” (raschia, presente indicativo del verbo raschiare) e “cuane” (cane). In senso figurato possiamo considerarlo come il terreno raschiato da un cane che abbia seppellito un osso (disordinato e scavato poco in profondità). Il termine era solitamente usato per indicare la zappatura di un campo non eseguita in maniera corretta. Modi di dire:

Com’è state l’aiute chi ti so mannate pi zappa’?” “Ehie, ha fatte nu raschcacuane.” (“Come è stato l’aiutante che ti ho mandato per zappare?” “Eh, ha fatto una zappatura superficiale e disordinata.”

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RÉNELE

Rondine. Modi di dire: vocche di rènele (bocca di rondine. Di persona che ha la bocca larga ed appuntita).

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RETEPETE

Dicesi di persona molto lenta nel fare le cose e che rimane sempre indietro rispetto agli altri, ma anche per indicare una particolare attività che procede molto a rilento. Termine formato dalle due parole dialettali arrete (dietro, dal latino de e retro) e pete (piede, dal latino pedem). Modi di dire:

"Culle è n'ualtre retepete!" (quello è un altro che se la prende comoda);
"L'ha pigliete a retepete" (se l'è presa con molta calma).
     
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RIBBUFFE

Rutto. Derivante probabilmente dal termine “buffo” preceduto dal prefisso “ri” come rafforzativo. Del resto la parola buffo, nel dizionario etimologico è così definito: “da buff, onomatopea imitante il gonfiar delle gote per soffiare”. È chiara a questo punto l’attinenza.
In tempi non recentissimi era usanza nel nostro paese, a fine pasto, dare libero sfogo all’aria che s’insinuava attraverso il cavo orale soprattutto se chi la emetteva era un bambino o una persona anziana. Era abbastanza sopportato quello che oggi si chiamerebbe “rutto libero”. In particolare, se il soggetto “emettitore” era un bimbo, ci si limitava semplicemente ad esclamare “nchi ‘na bbona salute!” (con una buona salute!)

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RIGGIOLE

Mattonella, piastrella. È un termine importato dal dialetto partenopeo. Le “riggiole” sono, infatti, un tipo di mattonella in ceramica, caratteristico della Campania. Più o meno decorate (anche a mano) sono famose quelle di Napoli e di Vietri (provincia di Salerno). Nel dialetto napoletano, in particolare, la parola “riggiola” è proprio sinonimo di piastrella ed il piastrellista stesso è chiamato “riggiularo”. Modi di dire:
Statt’attiente a nin li fa cascà ‘nterre, ca zi rompe li riggiole.” (stai attento a non farlo cadere in terra, che si rompono le mattonelle.)

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RIJECCE

Piccolo rivo, canale di scolo. Il termine deriva chiaramente dalla parola “rio” con l’aggiunta del suffisso “jecce” corrispondente all’italiano “accio”. La parola dialettale di cui si tratta la troviamo molto spesso nei vecchi atti notarili quando s’indicavano i confini dei terreni. Esempio: il terreno confina con Tizio, Caio e riaccia. Generalmente, infatti, per semplificare la definizione dei confini stessi, si usavano i solchi già scavati dall’acqua risparmiando così ai confinanti la fatica di dover porre i termini in pietra.

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RIPASSATURE

Prese in giro. Deriva dal partenopeo "arrepassà" che indica appunto scherno, ma anche percossa. Etimologicamente il termine è definito come un sinonimo di riandare, rileggere, correggere come appunto si fa con qualcosa di serio per renderlo ridicolo. Modi di dire:
 
"Ma i, pozze suppurtà ancore stì ripassature? " (ma posso io sopportare ancora codeste prese in giro?).
 
     
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RITIRÒCCELE

Carrucola. È del tutto inutile cercare nel dizionario etimologico l’origine di questa parola; che si tratti di un termine particolarissimo e forse utilizzato soltanto nel nostro dialetto è però sicuro. Come sempre succede nei casi in cui la forma dialettale è particolarmente complessa, si può provare ad ipotizzare la sua origine. Probabilmente la parola è formata dall’unione dei due termini dialettali “ritire” (ritira) e “ruòcele” (rotolo), vale a dire ritirare (la fune) facendo rotolare (la ruota scanalata). In pratica, l’azione che compie la carrucola sollevando un peso da terra.

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RITRÀNGHELE

Attrezzo di metallo dal manico molto lungo terminante con una pala rettangolare posta a novanta gradi rispetto al manico. Serviva per spargere o raccogliere la brace nel forno dove si cuoceva il pane.

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RIVILTRIZZE

Folata di vento, turbine. Il termine deriva probabilmente dalla parola rivoltare (dal latino revolùtus, participio passato di revòlvere, volgere indietro). Il vocabolo è solitamente usato quando si parla di un freddo vento invernale molto forte e che solleva addirittura la neve da terra. Modi di dire:

"Mìttete lu cappotte ca fà li riviltrizze" (mettiti il cappotto ché c'è un vento impetuoso);
"Fà lu fridde e la neve fà li riviltrizze" (fa freddo e c'è il turbinio della neve).
     
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RUÀCHENE

Ramarro.

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RUASCE

Catarro. La parola deriva, chiaramente, dall’italiano raschio che nel dizionario etimologico è così descritta: “Lo usano a Firenze e Pistoia per Rancio o Rancico, che è quell’effetto che fanno alla gola l’olio o il burro vieto e pare così detto perché raschia la gola”.
A proposito di “ruasce”, vale senz’altro la pena ricordare una nostra compaesana originaria di Civitaluparella particolarmente temuta per le sue esibizioni, come dire, catarrose. In età avanzata era solita, nelle belle giornate, affacciarsi sul terrazzo della sua casa lungo Viale della Rimembranza e da lì lanciare, oltre a varie invettive contro i passanti, anche i suoi “strali sputacchiferi”. Alcuni buontemponi di allora si divertirono anche a stilare una classificazione sulla loro tipologia: a lunga o corta gittata, ad effetto, a vela, eccetera.

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RUÒCELE

Cosa grossa, pesante e rotondeggiante. Deriva dalla parola rotolo o ruotolo (latino rotulus, rotula). Si riferisce anche ad un involto di qualunque cosa avente forma cilindrica.
Occorre inoltre rammentare che il "rotolo" era un'unità di peso già in uso in Sicilia e che corrispondeva a circa un chilogrammo. Qualcuno fa risalire il termine addirittura alla parola araba ratl (libbra).
Da questa parola deriva anche il verbo arruciuluà (rotolare) ed il noto gioco di bambini ruocilavascielle (letteralmente: rotola botte) che consisteva nel rotolarsi nell'erba alta lasciandosi andare dall'alto di una piccola discesa. Modi di dire:
     
"Seme jucuate a ruocilavascielle" (abbiamo giocato a ruocilavascielle);
"So allavate nu ruòcele di pienne" (ho lavato un rotolo di panni).
     
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RUVILELLE

Cannella (per spillare il vino dalle botti). L’attrezzo, ancora oggi in uso, si applica solitamente nella parte bassa della botte ed è fornito di un rubinetto per consentire al liquido di fuoriuscire dal recipiente. Nella versione “antica” era semplicemente un pezzo di legno forato a cui era applicato in maniera più o meno fantasiosa qualcosa che fungesse da rubinetto. L’oggetto deve probabilmente il suo nome dialettale al fatto che di solito era costruito in legno di rovere.

     
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