FAFAFLESCHE
Letteralmente vuol dire “fava fresca”, ma, in effetti, è il modo in cui è chiamato lo schiaffo del soldato: gioco molto in uso tra i ragazzi quando non esistevano i videogiochi. Il termine dialettale deve il suo nome al rumore che fa la mano aperta quando colpisce il palmo di chi riceve il colpo: lo stesso che emette una fava appena colta quando viene spezzata. Modi di dire:
"Vagliù, emma jucuà a fafaflesche? " (
ragazzi, vogliamo giocare allo schiaffo del soldato?);
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FALBAQUINE
Volubile. È un termine ormai quasi del tutto caduto in disuso nel nostro dialetto ed usato spesso in maniera dispregiativa. Sta ad indicare una persona su cui puoi fare scarso affidamento perché, oltre ad essere di carattere mutevole (volubile, appunto) è anche poco onesta.
La parola deriva probabilmente dall’unione delle due parole italiane “falbo” ed “equino”. Il colore falbo, infatti, è tipico del mantello dei cavalli del nord Europa e varia dal color crema al grigio-argento senza, quindi, una precisa colorazione. Modi di dire:
"Statte attiente a culle, ca è nu falbaquine!" (fai attenzione a quello, è una persona poco affidabile).
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FALCÌGLIE
Falce.
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FASCIUOLE
Fagiolo. "Li fasciuole spuricarielle" sono i fagioli freschi da sbucciare.
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FERE
Soffia, tira (il vento); coniugato solo alla terza persona singolare di alcuni tempi dell'indicativo e, molto più raramente, al participio passato, al participio presente e al gerundio (vedi nei "modi di dire" in calce). Di questo particolare verbo non esiste la forma dell'infinito che, giocando con maccheronica deduzione, potrebbe essere "fèrere" (ma attenzione: è solo un gioco!). È veramente sorprendente, quasi incredibile, che attraverso il trascorrere dei secoli (tanti) il verbo in questione abbia conservato assolutamente inalterata la sua radice latina ferre (paradigma: fero-fers-tuli-latum-ferre). E non solo: del citato verbo latino è rimasta intatta anche la forma irregolare (da cui deriva, nel termine dialettale, l'abolizione del modo infinito). Chiunque in età scolare si sia cimentato con le traduzioni dal latino, ricorderà con particolare insofferenza questo verbo ostico che, fra le mille eccezioni che lo riguardano, annovera anche la "disgrazia" di avere una quantità pressoché illimitata di significati (cosa non certo utile in fase di traduzione durante un compito in classe.). Fra tali significati ne ricorrono alcuni che ben giustificano quello attuale del nostro dialetto: diffondere, spandere, trascinare con sé, divulgare, irrompere, portar via. Tutte accezioni che si confanno ottimamente all'azione del vento. Per chi ne volesse apprezzare meglio la particolarità del significato e la difficile gestione dell'uso, consigliamo l'osservazione di questo termine nel gustoso aneddoto "Nengue e ferono gli eventi" pubblicato nella rubrica "Gnà dicette culle" del Sito. Modi di dire:
"Fa lu fridde e fere lu viente" (fa freddo e tira vento);
"fereva na bella virzillette" (soffiava una bella arietta frizzante);
"nnì scì ca sta ferenne nu viente jilate" (non uscire ché sta soffiando un vento gelido: è questa una delle allocuzioni in cui il verbo è espresso al gerundio);
"lu chiamive e arrivette di ferrente" (lo chiamai e arrivò velocemente, precipitosamente - come il vento - : qui il verbo è al participio presente in allocuzione idiomatica);
"tineve cierte ristroppele da abbrusciuà, ma doppe pinzive ca si avesse ferute lu viente z'avesse appicciete tutte la muntagne." (avevo delle stoppie da bruciare ma poi pensai che se avesse soffiato il vento, avrebbe preso fuoco l'intera montagna: il verbo è al participio passato - molto raro -).
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FETARE
Puzzare, covare (le uova). Nel suo primo significato, il verbo è presente anche in numerosi altri dialetti. Nella lingua italiana il termine esiste in forma di sostantivo (fetòre) o di aggettivo (fètido, fetente) mentre è assente la forma verbale. Nella sua seconda accezione, il verbo fa chiaro riferimento all'azione di "produrre feti" (dal latino fetus ) intendendo estendere il significato di "feto" (prodotto del concepimento dei mammiferi) anche agli uccelli. È doveroso ricordare che in dialetto questo verbo viene usato anche per indicare la deposizione delle uova di galline impiegate per gli usi domestici e non necessariamente destinate alla riproduzione.
Modi di dire:
"Fete gné nu puorche!" (puzza come un maiale);
"la vlocche sta fetenne sotte a lu ciste" (la chioccia sta covando sotto al cesto - le uova per la riproduzione -);
"quanne la galline è vlocche nin fete chiù" (quando la gallina diventa chioccia non fa più le uova - da usare quotidianamente - ).
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FILINE
Fuliggine.
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FIRCINE
Forchetta.
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FIRRIJETE
Inferriata.
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FIRZELLE
Striscia sottile. Derivante probabilmente dal lemma ferzo seguito dal suffisso ile come diminutivo.
Il ferzo è un termine marinaresco che si riferisce ad ognuna di quelle strisce di tela che, cucite le une contro le altre, formano la vela dei bastimenti. Modi di dire:
"'na firzelle di terre." (una piccola striscia di terra).
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FOGLIACUOLE
Foglie esterne del cavolfiore. Modi di dire: sciapite gnè l'acche di li fogliacuole (insipida come l'acqua di bollitura delle foglie del cavolfiore).
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FOGLIE
Verdura in generale. Modi di dire: ammischcà foglie e vruòcchele (mischiare verdura e broccoli, fare un miscuglio di cose incompatibili tra loro).
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FRÀCITE
Fradicio, andato a male. Deriva dal termine italiano (poco usato) fracido, il quale, a sua volta, ha origine dal latino fracidus, stessa radice di flaccus (fiacco) e floccus (fiocco) col senso di essere morbido, mollo. Modi di dire:
"Tineve ddù pire dentra a la ceste, ma mi z'è fracitate" (avevo alcune pere in un cesto, ma sono andate a male);
"l'acche ha fracitate la scote di lu zappone" (l'acqua ha infradiciato il manico della zappa).
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FRAFFUSE
Moccioso. A Fallo "sotte a La Madonnine" (sotto a La Madonnina) c'è "La preta fraffose" (la pietra mocciosa) così chiamata perché, a causa di un'infiltrazione d'acqua, è sempre umida.
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FRASCARIELLE
Polenta. Di questo termine troviamo riferimenti in diversi parti d’Italia, ma quasi nessuno corrispondente al significato che nel nostro dialetto viene dato alla parola.
Quando si parla di "frascarielli", infatti, ci si riferisce sia a una minestra lenta di farina a cui sono state aggiunte delle patate sbriciolate, sia a un tipo di pasta spezzettata servita in brodo.
In alcune regioni questo tipo di alimento era considerato un toccasana per aumentare la montatura lattea nelle puerpere.
In definitiva, quindi, nel nostro paese, la polenta altro non è che una minestra ristretta.
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FRIAOVE
Piccola padella con capacità sufficiente per friggere un uovo. Letteralmente: friggi uova.
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FRUAFFE
Moccio. Termine onomatopeico che riproduce il rumore prodotto dal naso quando lo si soffia (frr..ff). Modi di dire: si nu fraffuse (sei un moccioso).
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FRUSCELLE
Contenitore in vimini per formaggi freschi (solitamente ricotta). Chiamato anche frusciarole, deriva da fuscella strumento tradizionale utilizzato, appunto, per la confezione di formaggi. Il dizionario etimologico così descrive il termine: deriva dal latino fiscella, diminutivo di fiscus (cesto). Cestella intessuta di giunchi o di vimini o d’altri simile materia.
Un riferimento a questa parola lo troviamo anche nella Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso:
E vede un uom canuto all'ombre amene
Tesser fiscelle alla sua gregge accanto.
Modi di dire: tè nu nuase gnè na frusciarole (ha un naso grosso).
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FRUSCIARE
Catasta di fascine ancora con le foglie (fruosce).
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FRUSCIUÀ
In senso generico vuol dire consumare, ma solitamente è usato per indicare lo sperpero o lo spendere denaro senza criterio. Deriva chiaramente dal termine fruscìo, voce che si crede creata dal popolo per spirito imitativo al fine di simulare il rumore di foglie agitate. Secondo altre fonti invece, la parola fruscìo deriva da "frusco", fuscello, ramoscello secco. Ai fini della nostra etimologia riteniamo più confacente la prima ipotesi, poiché la moneta cartacea che viene contata emette appunto un fruscìo. Modi di dire:
"Zi frusce tutte chille chi zi guadagne" (spende, in maniera sconsiderata, tutti i soldi che guadagna).
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FRUTE
Ferita.
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FUCULUARE
Camino, focolare.
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FUNNICHITTE
Deposito di solito privo di finestre. Veniva utilizzato per immagazzinare derrate alimentari a lunga conservazione. Parola di probabile origine turca.
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