Tornando a Fallo dopo tanto tempo ed essendo restato sempre con il pensiero al mio paese, non potevo fare a meno di ripercorrere le strade che mi avevano visto bambino senza ricordare alcuni episodi della mia fanciullezza. Chi, come me, ha vissuto nel nostro paese i drammi della guerra, sa come certi ricordi non sempre siano piacevoli e spesso sopraffanno i momenti di felicità, ma inevitabilmente ci si ricorda anche di chi, in quei giorni, ci ha aiutato a risollevarci nei momenti difficili o ci ha regalato qualche attimo di gioia.
Ai tempi in cui avvenne il fatto che sto per raccontarvi, la mia famiglia non era certamente una delle più agiate di Fallo, anzi, spesso stentava a mettere insieme il pranzo con la cena. Il fatto che nella nostra casa regnasse sempre una connaturata atmosfera di buonumore, non sempre mitigava le nostre condizioni di ristrettezza e spesso i nostri genitori pur di sfamare noi rinunciavano ai loro pasti giornalieri.
A quei tempi i bambini di Fallo erano molto più numerosi di adesso e, come sempre accade tra i ragazzi, si formavano gruppi e si frequentavano le case ora di uno ora dell'altro. Anch'io avevo, naturalmente, i miei punti di riferimento dove mi recavo quando mi assentavo da casa.
Un giorno, di ritorno da una faticosissima giornata dai campi con nello stomaco soltanto un pezzo di pane divorato al mattino, dovetti recarmi a casa d'alcuni parenti di cui frequentavo con assiduità i figli, per chiedere in prestito un po' di farina da impastare per preparare la cena della sera.
La famiglia presso cui mi recai era formata da una coppia e da quattro figli ed in quel momento erano tutti a tavola per la cena (tranne il marito che, naturalmente, era fuori per lavoro). La donna, avvezza com'era ad allevare figli, probabilmente si accorse dal mio viso che ero stanco ed affamato e, dopo avermi chiesto come mai a quell'ora ero ancora in giro, mi fece sedere a tavola insieme ai suoi figli. Alle mie obiezioni sul fatto che dovevo tornare a casa, mi rassicurò dicendo che avrebbe pensato a tutto lei poi, attingendo un po' da una pentola ed un po' dai piatti dei suoi figli, mi presentò una porzione di pasta con il sugo, pietanza ormai da me quasi del tutto dimenticata.
Mangiare in casa d'altri ha sempre rappresentato per i bambini un evento piacevole, ma farlo insieme ai propri compagni di giochi credo che sia quanto di più stimolante ci possa essere.
Non credo di aver mai più mangiato con tanto gusto in vita mia e quella fu certamente una delle serate più felici della mia vita: "Chille maccarune i nin mi li sò chiù scurdate" (quei maccheroni io non li ho più dimenticati).
Tornato quindi a Fallo dopo tanto tempo, sono andato a trovare in quella stessa casa la mia "benefattrice" di allora. Ormai molto avanti con l'età, ma ancora vispa, mi ha accolto con lo stesso calore di allora. Abbiamo parlato a lungo del presente, ma soprattutto del passato ricordando insieme anche l'episodio che ho appena narrato.
Quando mi sono congedato, l'ho lasciata sulla soglia di casa come avevo fatto tanti anni prima, e, mentre la salutavo mi ritornava alla memoria la frase che, allora, avevo tante volte ripetuto e che adesso insieme con lei avevo ricordato: "Gnà era buone chille maccarune!" |