Nonostante fossero passati venti anni, il paese non era cambiato molto: stesse strade polverose, stessi campi coltivati, stesse case di pietra.
Non aveva sperato di tornare così presto a Fallo, ma gli avevano condonato gli ultimi dieci anni: per buona condotta. Il carcere duro cui era stato condannato lo aveva fatto sì ravvedere, ma gli aveva anche cambiato la vita. Era cosciente di meritarlo e per questo lo aveva accettato con rassegnazione: chi priva della vita un altro essere umano è giusto che paghi.
Ora era un uomo libero e come tale poteva presentarsi nuovamente a casa e rivedere le persone care che vi aveva lasciato: la moglie, la figlia ormai grande, il fratello. Già, il fratello. Sapeva che quest'ultimo, dopo la sua condanna, aveva preso possesso dei terreni e della casa del loro padre, ma ora che aveva scontato la sua pena, forse l'aveva perdonato e l'avrebbe nuovamente riconosciuto come fratello. Ricordava che molte volte lo aveva dissuaso dall'attaccare briga con colui che gli attraversava il campo con il gregge e tante volte lo aveva ricondotto alla ragione quando aveva già imbracciato il fucile per chiudere la storia a suo modo. Tutto inutile, lui alle minacce aveva fatto poi seguire i fatti freddando il suo rivale con un colpo di schioppo. Adesso che era tornato voleva che il fratello fosse il primo a saperlo.
Per questo si avviò verso la casa che una volta era stata di suo padre. Bussò alla porta, gli aprì il fratello stesso che, riconosciutolo, non lo fece neanche entrare. - Chi ha 'ccise n'ome, a la casa me nin ci entre - (chi ha ucciso un uomo non deve entrare in casa mia) sentenziò richiudendo l'uscio.
Non gli restava quindi che recarsi a casa sua: forse la moglie lo avrebbe accolto in maniera diversa e la figlia lo avrebbe finalmente conosciuto.
La casa di Via Duca degli Abruzzi presentava tutti i segni dei venti anni trascorsi e la porta d'ingresso era socchiusa. La spinse ed entrò. Il suo istinto di padre gli disse che la ragazza che aveva davanti e che lo guardava con aria spaurita era sua figlia. "Sono tuo padre.", le disse in italiano. La ragazza corse via a chiamare la madre che si era recata da una vicina.
Superato il primo imbarazzo per l'inaspettato ritorno, la moglie inizialmente lo accolse in casa e lo rifocillò con quel poco che le misere sostanze le permettevano, ma poi, nonostante le lacrime della figlia, non volle ospitarlo in casa.
L'uomo fu così costretto a rifugiarsi nella cantina della casa dove per alcune notti dormì su un giaciglio di fortuna finché la moglie, forse mossa a compassione del suo miserevole stato, non l'accolse in casa lasciandolo però dormire su un pagliericcio dietro la porta d'ingresso.
Certamente fu l'intervento della figlia entusiasta per il ritorno del proprio padre, nonostante conoscesse il crimine di cui si era macchiato, a convincere la madre a chiedere parere a chi nel paese certamente poteva consigliarla meglio di chiunque altro su come comportarsi. Il parroco era certamente la persona più adatta ad aiutarla, "picchè ha studijete e Gesù Criste i llumine la mente" (perché ha studiato e Gesù Cristo gli illumina la mente).
La donna quindi, recatasi dal prete, che tra l'altro era già a conoscenza di tutta la vicenda, chiese consiglio circa l'opportunità di riprendere in casa "n'ome c'ha accise na pirzone chi i vuleve bbene gnè nu frate" (un uomo che ha ucciso una persona che gli voleva bene come ad un fratello).
"Tuo marito ha pagato il suo debito con la giustizia terrena ed anche se non potrà ridare la vita a colui a cui l'ha tolta, va perdonato e tu devi accoglierlo in casa soprattutto perché è tua figlia che te lo chiede.". Disse il prete dopo aver ascoltato a lungo il racconto della donna.
Fu così che l'uomo rientrò nuovamente nella casa non più come ex forzato, ma come marito e come padre di una figlia che, nei giorni successivi, girava per Fallo comunicando a tutti con aria felice che "papà miè è riminute a la case" (mio padre è tornato a casa). In quella casa l'uomo visse ancora molti anni ed alcuni lo ricordano sia per averne avuto a che fare sempre per problemi di confini dei terreni (il lupo perde il pelo.), sia per i racconti della sua vita da prigioniero.
Fu uno dei vecchi più longevi di Fallo: morì, infatti, all'età di novantotto anni. Nell'ultimo anno della sua vita quando lo s'incontrava per strada appoggiato al suo bastone e gli si chiedeva l'età, rispondeva in italiano: "Mi mancano due anni per compiere un secolo!". |