Non si può pensare a questa pianta senza ricordare le campagne circostanti il nostro paese che nei mesi di maggio e giugno si colorano di rosso.
Quando a Fallo ancora si trebbiava era facile vedere tra i campi di grano rosseggiare qualche papavero. Era certamente una piacevole visione per l'occhio di un profano della vita di campagna, ma lo era un po' meno per il contadino proprietario del campo di grano.
Infatti, essendo una pianta infestante, il papavero facilmente attecchisce e si espande nei campi coltivati a grano. La sua presenza tra le spighe mature è inoltre indice di un lavoro non sufficientemente accurato di pulizia del campo.
Tale lavoro a Fallo era fatto di solito manualmente e veniva definito con il termine "nittà lu grane" (letteralmente, nettare il grano). Certamente si trattava di un'attività piuttosto lunga e noiosa, ma necessaria, cui i contadini, con la pazienza che li contraddistingue, si sottoponevano per il bene del raccolto.
Come sempre però, i bambini, che sono coloro che sanno trarre anche dalle piccole cose motivo di divertimento, erano quelli che utilizzavano questa pianta per puro diletto. I petali, posti alla sommità di pugno semichiuso e colpiti con forza con la base dell'altra mano, provocavano un piccolo rumore simile ad uno scoppio, mentre il pistillo premuto sulla fronte lasciava incisi sulla pelle dei piccoli solchi formando così quella che i bambini chiamavano "la stelle" (la stella).
Inoltre, erano spesso gli stessi bambini i destinatari del cosiddetto "dicotte di papambrune" di cui abbiamo già parlato in questo sito (vedi la parte introduttiva della rubrica "La cucina"). L'infuso di papavero era, infatti, di frequente utilizzato (forse anche in quantità eccessive) in caso di tosse o come sedativo per i bimbi particolarmente vivaci. |