Insieme alla malva questa era certamente una delle piante curative maggiormente utilizzate nel nostro paese.
Ha sicuramente il vantaggio di essere facilmente reperibile allo stato selvatico e, almeno a detta degli abitanti più anziani di Fallo è quasi una panacea per il rimedio a molti malanni.
Questo discorso era ancor più valido in periodi in cui le medicine tradizionali erano poco o affatto reperibili. Per i frequentissimi dolori addominali dei bambini, per il mal di gola e le infreddature, per i dolori reumatici, non c'era niente di meglio di "Lu dicotte di cambumille".
Le piante erano raccolte nel periodo della fioritura e spesso si estirpavano per intero in modo da poterne sfruttare anche le radici. Ad essiccazione avvenuta i fiori migliori erano staccati dal resto del cespo, sbriciolati e posti in barattoli (quando se n'avevano) ed utilizzati al bisogno.
Le piante secche non venivano comunque gettate via, ma conservate ed utilizzate anch'esse, previa bollitura, soprattutto per gli impacchi. Il decotto andava bevuto ben caldo (dopo averlo scolato con un colino) e non era raro che talvolta fosse arricchito con altri ingredienti quali foglie d'alloro, mandorle e (udite, udite) le cosiddette "vìole di San Giuseppe" (le violette selvatiche) anch'esse reperibili in campagna ad inizio della primavera.
Chissà in una moderna erboristeria quanto costerebbe una così ricca confezione di camomilla?! |