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amici, i miei studi. Più d'ogni altro, mi addolorava profondamente il pensiero di dover lasciare zia Bambina che era stata come una madre per tutta la mia vita. Con la sua abituale disposizione al sacrificio, ci incoraggiava e ci sollecitava ad andare, ma questo non serviva a scemare il dolore. Un dolore che ho portato dentro per tutta la vita, anche dopo la sua morte nel 1957.

Cominciammo ad avviare il processo di preparazione per questa partenza e non tornai a scuola a Lanciano alla fine del 1947. Sentivo profondamente la mancanza della scuola e degli amici con i quali ero in contatto. Mia madre ed io rimanemmo presto coinvolti nell'iter burocratico per ottenere la documentazione necessaria. Ogni pezzo di carta richiedeva spesso alcuni viaggi a Civitaluparella, dove all'epoca erano conservati i registri locali, a Villa S. Maria e a Lanciano. Eravamo anche in contatto con l'Ambasciata Americana a Napoli per ottenere un visto. La moltitudine di Italiani in lista d'attesa per un passaggio per l'America, fece slittare le cose fino alla fine del 1947. Finalmente ricevemmo il nostro visto e un passaggio sul Saturnia, una delle poche navi che effettuavano trasporti dall'Italia verso gli Stati Uniti.

Il nostro viaggio verso Napoli fu tranquillo. Avevamo due valigie ed un baule che il Saturnia accettò. Questi erano i bagagli nei quali tentammo di mettere tutto quello che avremmo voluto portare con noi.

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Dovetti lasciare indietro tutti i miei libri. (Fortunatamente mia madre e mio padre ne riportarono indietro alcuni quando tornarono a Fallo per la prima volta nel 1957. Fu anche una sorta di consolazione che si trovassero lì quando mia zia Bambina morì).

Per l'inoltro dei bagagli e per l'imbarco sul Saturnia al porto di Napoli, demmo una congrua mancia all'onnipossente facchino che ci agevolò rapidamente senza farci fare alcuna attesa. Lasciammo Napoli la sera dell'11 febbraio 1948. Al distacco della nave dal porto, rimasi a guardare le luci di Napoli finché non scomparvero nel buio.