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I bambini spesso le catturavano per le strade del villaggio di notte, e le femminucce erano solite cantare una filastrocca:
Luce cappell piccina piccina
Vieni con me ca so'reggina So' reggina di lu re Luce cappell vieni con me!

Con l'avanzare dell'estate il grano imbiondiva e rilasciava un aroma di fieno caldo. Veniva tagliato a mano con le falci e legato in covoni che venivano posti in piedi ad asciugare per qualche giorno nei campi. I covoni erano poi caricati a dorso d'asino ed infilati a forma di
capanna su Colle Rosso.
Colle Rosso, meglio conosciuto come "Ca'rusc", era un grande campo pianeggiante dotato di tre vecchie pietre sulle quali anticamente veniva trebbiato il grano con l'ausilio degli asini. Ricordo vagamente di aver visto da bambino qualcuno che usava questo metodo.

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Il grano veniva calpestato dai somari che giravano ripetutamente in tondo, quindi veniva separato dalla pula per mezzo di forconi con i quali veniva scagliato in aria durante un giorno di vento affinché la pula volasse via ed i chicchi ricadessero al suolo. Il processo di pulitura veniva completato con l'utilizzo di uno staccio (la "cruvell"). Come già detto, ogni famiglia forgiava i propri covoni a guisa di capanna con un tetto appuntito che consentisse all'acqua di scivolare
giù in caso di pioggia. In dialetto i covoni venivano chiamati "met", termine che deriva probabilmente dal latino "meta" nel significato di "segnale" e, per estensione, "montagnola". I bambini si divertivano a giocare a nascondino negli stretti passaggi fra i covoni. I paesani solevano scadenzare il giorno della trebbiatura che veniva eseguita con un macchinario elettrico piazzato al centro di Colle Rosso. Era una vecchia macchina nella quale le fascine di grano venivano gettate in un'apertura situata in alto
e nella quale un cilindro dotato di lame girava orizzontalmente.