Sono essi - assieme a quelle
del Comune e della Scuola - le "Autorità", cui si anno riferimento a seconda delle competenze.
E ciascuna ha un punto ideale di incontro.
Sembrano e sono cose comuni, ma a me esse ritornano
con l'anelito di una cosa mia. La Scuola che mi vide bambino,
la Chiesa in cui imparai a pregare. Per i più grandi il Municipio
che documenta la vita del paese e l'Ambulatorio dove viene curata
la salute quando gli acciacchi e gli anni incominciano a farsi
sentire.
Io vedo questi luoghi da una angolazione tutta
mia, che potrebbe sembrare di profanazione ma non lo è.
Nella Chiesa, casa di tutti, dove si canta la
preghiera e si ascolta la Parola di Dio incarnata nelle vicende
personali e comunitarie, non è estraneo il costume, il commento
bonario, l'esaltazione di santi ideali e la vetrinistica della
moda ricorrente. E dentro le mura impregnate di odori di farmaci,
altre conversazioni sui"fatti del giorno" inframmezzati al racconto
appreso a memoria dei fatti della propria salute, in attesa di
una "ricetta" che riaccenda la fiducia e calmi le ansie.
Ma non è; tutta qui la vita del mio paese.
Essa è come quella di un organismo vivente, che
abbraccia la storia e si diffonde nello spazio circostante. Sì,
anche la storia si ripropone in edizione riservata dagli appellativi
dei vari personaggi che sfilano in ideale parata, con il Conte.
il Cavaliere, il Capitano, il Professore, e poi Badoglio, Garibaldi
e Mussolini…
E il paesaggio ancora io vedo, dove la flora
prospera incontrastata e dove i pochi superstiti coltivatori hanno
l'invidiabile privilegio di non dover limare i confini con il
rigore di un tracciato controllato a vista dal vicino. Ma qui la visione si stempera in un tumulto di
sentimenti. Le ombre si allungano sui ricordi.
Già mi pare di essere sul posto.
Così ti vedo sempre, o "Paese mio", paese dei
miei cari e del mio cuore.
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