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prematura perdita del fratello maggiore,giovane d'ingegno, di buoni studii, di buonissima volontà e d'incorrotti costumi ” che “ colto precedentemente da lento morbo, sentì aggravarsi il male dopo la perdita dei genitori, e non poté ad essi più a lungo sopravvivere ”.

Dal 1843 fino al 1848 Alceste De Lollis visse a Lama de' Peligni, in provincia di Chieti, dove ricoprì il ruolo di istitutore privato presso la nobile famiglia di Nicola Madonna, “ cittadino distinto, colto e dotto giureconsulto, italiano liberalissimo ”. Durante tale periodo, precisamente il 15 agosto del 1843, apprese la morte di una delle sue sorelle e chiese ai coniugi Madonna di potersi ritirare per pochi giorni nella loro casa di campagna al fine di vivere e “ digerire nella solitudine campestre questo nuovo lutto domestico ”. Lo stesso giorno della triste notizia compose la poesia “ In campagna con un vecchio contadino ” in cui fece una delicata e filosofica riflessione sulla condizione umana. La vista di un contadino “ curvo, lento, stanco oppresso sotto il peso dell'età ” e “ dalla marra consumato ” per De Lollis è, infatti, fonte d'ispirazione per la meditazione sulla sua condizione esistenziale che, come un pendolo, oscillava “ tra le tombe e le sciagure ”. L'uomo agreste, pur essendo provato dalla fatica fisica e dalla senilità, “ sente in core il piacere della vita ” e mostra “ ridente la pupilla d'una interna voluttà ”. Egli, invece, sussurra al suo intimo queste emblematiche parole: “ Ed io verde negli anni, ne la bella giovinezza, quando schiuso ai dolci affanni il cor destasi all'ebbrezza,

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senz'amore, senza affetti vivo giorni maledetti, vivo solo al disperar ”. Il suo dialogo interiore si presenta agli occhi dell'autore come un quadro senza tela dalle tinte oscure: “ Ma una lampada morente, una pianta inaridita, ma deserta, ma tacente scura valle è la mia vita, cupo abisso, immenso voto, in cui regna eterno immoto solitario il mio dolor ”.

Il doloroso ricordo per la perdita dei membri della sua famiglia d'origine viene espresso anche nella dimensione onirica dello scrittore, il quale scrive: “ Son miei sogni orrende forme, i miei sogni son le tombe, sono squallide figure, genti oppresse da sventure, contristata umanità ”. Il soliloquio è ambientato nella meravigliosa campagna abruzzese dove si può ascoltare il dolce canto del vento e osservare la limpida luna che allieta con la sua presenza il notturno cielo, una luna che diviene l'interlocutrice del poeta: “ E tu lieta in tuo chiarore non ti celi ancora, o luna? Sol mi lascia nell'orrore d'una notte bruna bruna tra le tombe e le sciagure, fra le squallide figure tra l'oppressa umanità ”.

Il temperamento malinconico di Alceste De Lollis trova una ragionevole spiegazione nella sua particolare esistenza e nella prematura morte dei suoi familiari, infatti, in una nota relativa al componimenti poetico summenzionato egli afferma con profonda sincerità: “ Forse fui da natura disposto a malinconia; ma le tinte tinte malinconiche sono ben diverse dalle tetre ombre, che in parecchie di queste mie poesie, in quelle che più riguardano me personalmente, mostrano un animo