I sostenitori della sintesi saranno un po' delusi dalla storia che mi accingo a scrivere poiché, per necessità di narrazione, mi è impossibile omettere dettagli ed accaduti che, nel loro fatale intreccio, hanno determinato la particolarità dei fatti che sto per raccontare.
Chiedo scusa a tutti coloro che, aspettandosi la narrazione di qualcosa di eclatante, troveranno probabilmente banale e...romantica tutta la vicenda.
La mia opinione è che, al di là della fermezza e della rude rassegnazione con la quale alcuni figli del nostro paese hanno accettato il distacco dalle proprie radici, in ciascuno vive e si agita una prorompente necessità di recuperare, almeno nei ricordi, un proprio passato ed in particolare una fanciullezza molto spesso abbandonata con modalità non sempre fra le più ortodosse. Per coloro che, come me, "viaggiano" verso i cinquant'anni e non hanno più dimestichezza con gli anni dell'adolescenza , spesso il recupero delle antiche passioni si traduce in una sorta di rivisitazione dei ricordi più intimi, delle immagini più care, delle emozioni più uniche, di tutto ciò che, in breve, costituisce la trama unica ed irripetibile di quel tessuto che ciascuno di noi riconosce come propria radice.
Con la premessa di questa mia soggettiva interpretazione delle cose, mi è più facile sperare nell'indulgenza di coloro che potrebbero giudicare...patetico il mio rispetto del culto dei defunti ed il dialogo spirituale che con essi intrattengo nei momenti di maggiore fragilità quando, cioè, il bisogno di una rassicurazione e di una promessa di certezza ritornano nel cuore con quella stessa veemenza di quando, bambini, si guardava al mondo "rassicurante" dei grandi per mettere a tacere gli spettri delle proprie ansie.
Come spesso accade nella vita di molti, il destino mi ha strappato con violenza alcuni degli affetti più cari e profondi e, in tali frangenti, a nulla vale chiedersi il perché di questa "appropriazione indebita" del fato. Ci è concesso subire ma non capire nel profondo. Ho sviluppato nel tempo il desiderio di custodire in un angolo discreto della mia casa le foto di tutti coloro che non sono più fra noi e che, in qualche maniera, hanno benevolmente influito sulla mia fanciullezza con la loro presenza, il loro affetto, il suono della loro voce. Non sono necessariamente parenti, ma nel mio ricordo sono comunque un riferimento positivo e rassicurante che spesso amo "rivisitare" con lo stesso entusiasmo incontaminato di quando ero bimbo. Il caso mi ha spesso aiutato nel reperire fotografie che talvolta sono giunte fino a me per sentieri fortuiti e tortuosi. Un cruccio però mi ha sempre turbato : fra tante foto non sono mai riuscito a procurarmi quella di nonno, uomo al quale ero profondamente legato in ragione di quel viscerale trasporto che tutti i bimbi del mondo (specialmente quelli di altri tempi...) hanno verso i nonni. Negli anni mi sono rassegnato all'idea di non avere una sua immagine, ma l'affetto antico ed ancora totale che nutro nel cuore mi hanno reso difficile accettare questa bizzarra realtà.
L'estate scorsa, in occasione delle vacanze, sono tornato a Fallo per un breve periodo di riposo. Durante la permanenza, venni a sapere che F., in America da molti anni, sarebbe ritornata in paese per la triste necessità di rimpatriare dagli U.S.A. la salma del proprio fratello. F. viveva da bambina, insieme alla sorella A. ed alla sua famiglia, di fronte alla casa di mia zia. Frequentavo spesso quel vicolo e benché quelle due bambine fossero poco più grandi di me, mostravano nei miei confronti una sorta di attenzione protettiva ed una "materna" tolleranza alle mie esuberanze di bimbo. Erano care al mio animo, così come caro era il fascino malinconico e rispettoso di una triste storia, raccontatami da chissà chi, che narrava di due fanciulli strappati alla vita dagli orrori della guerra e dei quali quelle due bambine, nate successivamente, rinnovavano il nome. I loro visi sono sempre rimasti impressi nella mia memoria anche se la vita, dopo il distacco dal paese in cerca di miglior fortuna, non ci ha mai più riavvicinati. Rivedere quella "signora" in lutto così composta nel suo incedere non è stato sufficiente a domare la mia irrefrenabile necessità di rivederla più da presso e parlarle.
Trascorso un giorno da quel primo "avvistamento" silenzioso e fugace reso ancora più irreale dallo svolgimento del rito funebre, mi capitò di scorgere nuovamente F. in lontananza e, determinato a vincere ogni indugio, trovai il modo di accostarmi e di fermarla.
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