3

Sangro o, nella direzione opposta, con Lanciano. La "via nuova" era la sola strada accessibile alle vetture. Non c'era inquinamento, così gli odori raggiungevano le narici in tutta la loro intensità e ricchezza, sia quelli gradevoli dei fiori e dei campi, sia quelli pungenti della materia in decomposizione, del letame ed altro. Il vento trasportava una gran quantità di tali odori che si trasformavano in una miscela olfattiva di sensazioni. Le strade di Fallo erano costituite da piccoli e tortuosi passaggi lastricati con pietra naturale rozzamente scolpita e tenuta insieme con del terriccio allo scopo di creare una superficie solida, gradualmente lisciata dal passaggio degli uomini e delle bestie ma destinata a rimanere sempre irregolare. La pioggia e l'occasionale azione della scopa delle massaie, mantenevano le strade in qualche modo pulite.

Le stalle erano al pianterreno delle case ed erano dislocate un po' ovunque nel paese. Venivano periodicamente pulite. Il letame veniva rimosso e trasportato nei campi in sacchi di tela caricati a dorso d'asino o di mulo. Era questo il solo fertilizzante usato all'epoca. Ma torniamo al villaggio. Le strade, come detto, erano disuguali e le abitazioni, ad uno, due o tre piani, erano costruite in pietra grigia tipica, del resto, di tutti paesi d'Abruzzo. Le case, come i campi, perdevano spesso l'originaria integrità a causa di suddivisioni postume (sovente per ripartizioni ereditarie), ed i vani venivano destinati di

4

volta in volta a nuove funzioni ed a diversi proprietari. In ragione di ciò, una famiglia che viveva in una determinata zona del paese poteva possedere ed usare proprietà (stalle, stanze, cantine) in altre zone del villaggio. Occasionali acquisti consentivano talvolta di riunire alcune di queste strutture confinanti, conferendo così ai fabbricati una sorta di logica integrità.

La Chiesa di S. Giovanni Battista era a navata unica con annesso un campanile ed era datata 1775, anno indicato sulla pietra di un portale non più esistente sulla facciata. La chiesa fu riparata dopo il terremoto del 1933. Quando Don Giulio Zuffardi era prete del paese alla fine degli anni '30, l'interno della chiesa fu dipinto da un gioviale pittore romano, Cesare Napoleone, affettuosamente chiamato Don Cesare. Oltre ai tre ampi pannelli figurativi del soffitto, Don Cesare dipinse parte delle pareti dando loro un effetto di marmo venato e soggiornò a Fallo per circa due anni vivendo in una casa adiacente alla chiesa. Lo ricordo mentre lavorava proteso da una delle impalcature che aveva appositamente costruito per eseguire i suoi affreschi. Ricordo anche che trascorreva buona parte del suo tempo in qualche cantina dove amava indulgere con qualche buon bicchiere di vino. Era un uomo dai capelli bianchi ricci e scarmigliati, con un viso tondo e gioviale, occhi grandi e rotondi, guance rosee ed un naso rosso e bulboso. Pensavo che somigliasse vagamente ad i cherubini rappresentati nei suoi