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Continua il nostro viaggio nel mondo del lavoro, con questo che è uno dei migliori e più divertenti film di Ken Loach.

Grossi topi camminano su alcuni moduli dell'assistenza pubblica, in mezzo a rifiuti e macerie della periferia londinese. Stevie, un giovane scozzese appena uscito di galera, si sveglia sul marciapiede dove ha dormito e va a chiedere lavoro in un cantiere edile. Gli operai sono pagati a giornata, non hanno assicurazione né garanzie di continuità, sono licenziabili in qualsiasi momento a discrezione del capocantiere, le norme sulle condizioni igieniche e sulla sicurezza sono completamente disattese. Stevie (che in realtà si chiama Patrick, come apprenderemo in seguito, ma lavora sotto falso nome per non perdere il sussidio di disoccupazione) viene subito assimilato nel gruppo dei compagni di lavoro: manovali che hanno perso il posto, ex carcerati come lui, immigrati di colore, tutti provenienti da paesi e regioni diverse. Il più anziano, Larry, tenta invano di imporre alcune elementari regole sindacali; un giovane nero, Desmonde, sogna di vedere finalmente l'Africa. I compagni indicano a Stevie un appartamento sfitto, che lui subito occupa. Un giorno Stevie conosce Susan, una ragazza che vorrebbe fare la cantante, piena di insicurezze. Si innamorano e decidono di vivere insieme. Quando Stevie viene avvisato della morte improvvisa della madre e decide di andare a Glasgow per il funerale, Susan lo prega di non lasciarla sola; ma Stevie parte e Susan accetta l'offerta di eroina degli spacciatori del quartiere. Dopo che il funerale della mamma si è concluso quasi comicamente, Stevie torna e sorprende Susan mentre si buca. La ragazza gli giura di farlo solo di tanto in tanto, ma Stevie la lascia e rifiuta ogni tentativo di riconciliazione. Al cantiere, Larry viene licenziato a causa dei suoi proclami sindacali e Desmonde muore cadendo dalle impalcature senza protezioni. La sera, insieme a un compagno, Stevie incendia l'edificio in costruzione. Poi si allontana sorridendo.

Realizzato nel 1991, con un costo produttivo contenuto garantito dalla rete televisiva Channel Four (che da metà degli anni Ottanta aveva contribuito alla cosiddetta British Renaissance con un'intelligente politica di produzione cinematografica), Riff-Raff è il film che segna il rilancio di Ken Loach nel panorama degli autori europei. Esordiente nel 1967 e molto apprezzato all'inizio degli anni Settanta, Loach si era in seguito dedicato soprattutto alla docu-fiction televisiva e, in campo cinematografico, era considerato uno dei tanti autori bruciati dalla progressiva decadenza del cinema inglese. I suoi lungometraggi degli anni Ottanta (Looks and Smiles ‒ Uno sguardo, un sorriso, 1981; Fatherland, 1986; e Hidden Agenda ‒ L'agenda nascosta, 1990) non avevano convinto, apparendo un po' didascalici e talvolta appesantiti da un intreccio thriller estraneo alle corde dell'autore. Riff-Raff, film 'piccolo', proletario, confuso (nella versione originale) negli accenti e nei dialetti, letteralmente 'bruciante' nei confronti dell'amministrazione e della politica thatcheriana, lasciò perplessa l'industria britannica, che non prevedeva nemmeno la sua distribuzione in sala prima dell'emissione televisiva (in patria ne furono poi messe in circolazione tre copie). Ma, selezionato dalla Quinzaine des realisateurs