L'abitato di Castelli sorge nella valle del Mavone, ai piedi del Gran Sasso. Centro di origine medievale, esso deve la sua fama alla produzione di maiolica dipinta che, pur costituendo ancor oggi l'attività principale, ha conosciuto in passato la sua fortuna maggiore.
Fino a poco tempo fa, la maiolica castellana é stata apprezzata e studiata facendo riferimento essenzialmente alle opere del periodo barocco, capolavori di pregio inestimabile commissionati agli artigiani abruzzesi da sovrani, papi e famiglie aristocratiche di tutta Europa.
Ma recenti ricerche hanno spostato l'attenzione degli studiosi sulla produzione del '400 e del '500. Diverse campagne di scavo negli scarichi della fornace dei Pompei, la più antica famiglia di ceramisti castellani storicamente accertata, hanno riportato alla luce frammenti con decorazione tardo quattrocentesca recanti lo stemma di Alfonso d'Aragona duca di Calabria, privo dei gigli reali, quindi antecedente al 1400. Questo ci permette di affermare che l'attività ceramica a Castelli esisteva già alla fine del XV secolo, e doveva godere di un certo prestigio, visto l'alto livello della committenza.
Di Orazio Pompei, capostipite della dinastia, sono le due più antiche maioliche datate di Castelli: una mattonella raffigurante la Madonna col Bambino, del 1551, che é stata purtroppo rubata pochi anni fa, e una targa con l'Annunciazione, del 1557, appartenente al Comune di Chieti. Ai ceramisti della famiglia Pompei é attribuito anche il soffitto di un'antica chiesetta campestre dedicata alla Vergine, che nel 1615 fu demolita e trasformata nell'attuale chiesa di S. Donato, situata poco più a monte del paese. Realizzato in tempi diversi fra il XV e il XVI secolo, il soffitto era costituito da mattoni - attualmente esposti presso il locale Museo delle Ceramiche - decorati con profili, stemmi e arabeschi dai colori brillanti.
Ciò che di recente ha contribuito notevolmente a rivalutare la maiolica cinquecentesca di Castelli é stata l'attribuzione, in base a confronti con i frammenti recuperati negli scarichi della fornace Pompei e con i mattoni del soffitto di S. Donato, della serie di vasi da farmacia conosciuta come Orsini-Colonna che comprende diversi pezzi conservati nei maggiori musei del mondo.
Anche la produzione tardo cinquecentesca delle "turchine" così chiamate per il fondo blu cobalto con sottili ricami bianchi e talvolta, con pennellate gialle od oro, é documentata ad alto livello, tanto da permettere l'attribuzione alle maestranze abruzzesi del celebre "servizio Farnese".
Questi ultimi studi hanno dimostrato che la maiolica barocca di Castelli si é sviluppata su una tradizione precedente altrettanto pregevole da un punto di vista storico e artistico.
Tra il 1615 e il 1617, con l'edificazione della chiesa di S. Donato, fu realizzato un nuovo soffitto nel cosiddetto stile "compendiario", innovazione introdotta
dai ceramisti faentini e caratterizzata da figure appena schizzate con pochi tratti su fondo bianco.
La decorazione delle mattonelle é, dunque, in netto contrasto, per la sua essenzialità, con quella vistosa, e brillante del soffitto precedente. Nel corso del '600 la maiolica di Castelli, che in passato aveva risentito di influenze esterne, trova sempre più una sua identità specifica, arrivando a sviluppare uno stile decorativo proprio che conosce le sue migliori espressioni nelle opere dei Grue. Grazie a questa importante dinastia, l'arte ceramica castellana raggiunge livelli elevatissimi di raffinatezza e di prestigio in ambito europeo. Con i Grue, infatti, prende l'avvio e si sviluppa lo stile detto "secondo istoriato" che si ispira all'opera dei più illustri maestri dell'arte figurativa coeva, riproducendo soggetti naturalistici e allegorici, paesaggi, cacce, motivi floreali, con un arricchimento della gamma dei colori rispetto al "compendiario".
Francesco, capostipite della famiglia, dà inizio a questo nuovo indirizzo che raggiungerà i suoi risultati più prestigiosi con il figlio Carlo Antonio, vissuto a cavallo tra il '600 e il '700 e considerato il più insigne tra i maestri castellani. Principalmente a lui si devono i caratteri di originalità che la ceramica di Castelli assume in questo periodo e che fanno delle sue opere un prodotto in grado di competere con successo con quello delle botteghe faentine e urbinati del tempo.
Accanto ai Grue, di cui vanno ricordati anche Francesco Antonio, Anastasio, Aurelio e Liborio, operano altre famiglie quali i Gentile e i Cappelletti che continuano la, tradizione dell'"istoriato" per tutto il XVIII secolo.
L'ultimo grande maestro é considerato Gesualdo Fuma (1755-1822), la cui opera documenta la fase finale della tradizione aulica castellana. Numerosi pezzi dei principali maestri ceramisti sono esposti nel Museo delle Ceramiche, allestito presso l'ex convento dei Francescani, la cui raccolta é in via di ulteriore arricchimento.
La produzione attuale, che fa capo a una ventina di aziende e al Centro Ceramico Castellano, propone, accanto al recupero dei temi tradizionali, anche un'apertura verso il moderno design.
La preparazione sia teorica che tecnica di giovani ceramisti é affidata all'Istituto Statale d'Arte "Francesco Antonio Grue", nato come Scuola d'Arte nel 1905, luogo di continuo aggiornamento e sperimentazione con lo scopo di migliorare i livelli qualitativi tecnico-estetici delle produzioni future.