Sono veramente tante e singolari le tradizioni abruzzesi legate alla commemorazione dei defunti. Nel nostro paese tale commemorazione è molto sentita, ma, nonostante ciò, nessuna delle consuetudini descritte nel brano che segue (tratti dal libro "CREDENZE USI E COSTUMI ABRUZZESI" di Gennaro Finamore), è praticata.
È invece interessante notare come, alcuni dei racconti legati alla tradizione popolare abruzzese di questa ricorrenza, erano narrate dalle persone più anziane di Fallo come vere e proprie storie del terrore.
Ne è un esempio quella raccontata a Vasto in cui si parla della donna che, apparsa in sogno ad una bisavola di una certa signora E. G., le chiese una camicia in prestito per la notte dei morti riconsegnandogliela poi il giorno scusandosi perché era "un po' sporca".
Un altro esempio è quello della fornaia che, passando davanti alla chiesa nella notte dei morti, la trovò aperta, illuminata e piena di persone morte che assistevano ad un non ben precisato rito.
La fantasia popolare e contadina non ha confini!
LA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
Il dì di Ognissanti, come altri giorni che precedono le grandi solennità, é preceduto da quello di Tutt'i morti. Fin dal mattino, e nelle botteghe e nelle strade sono in mostra candele, che tutti comprano per accenderle nella sera e nella notte in memoria dei propri estinti. Nella maggior parte dei paesi, dalle prime ore pomeridiane dell'Ognissanti, fino a notte avanzata, é un lungo suonare di campane a morto, che riprende alcune ore prima giorno della mattina seguente, fino all'alba; e, nei comuni maggiori, sono frequenti le visite ai cimiteri, dove si lasciano fiori, ceri e lagrime. I poveri, nella sera stessa, vanno elemosinando pe' ll' alme de le muorte; e chi tardi arriva, dice: Sand' Amíc' cioppe! (Santo Amico arrivò ultimo, perché zoppo). Nell'Aquilano, come nel 1° di maggio si usa dispensare ai poveri una minestra di legumi detta ju granate.
Nelle ore pomeridiane dell'Ognissanti, fino alla sera, molti vanno cantando innanzi alle porte, come nel Capo d'anno, nell'Epifania e a S. Antonio, e ricevono regali. Per saggio:
Ogg'é la féste di tutte le sande:
Facéte bbén' a 'st' áneme penande.
Ogg'é la féste de li sande 'n gjiele;
Facéte bbén' a 'st' ángele Grabbijélc.
Se vvoi bbéne de core me le facéte,
('N) quell'aldre monde le retrovaréte (Pettorano).
Al divino uffizio del vespro, in molti dei più piccoli comuni, portano al parroco, in chiesa, non soltanto danaro, ma derrate per la celebrazione di messe.
Nella notte che precede il 2 novembre:
- Ogni morto va a rivedere la propria casa (Gessopalena....).
- Sulle lapidi le candele si mettono dalla sera, affinché i morti, che nella notte lasciano il loro sepolcro, possano servirsene (Campli).
- Nelle case si fa ardere per tutta la notte qualche lume; perché ogni morto va a bere nell'abitazione che già fu sua (Francavilla al mare).
- Prima di andare a dormire, chi può mette tre conche, e chi non può, una, col ramaiuolo dentro, su di una tavola, con una lucerna o una candela accesa, per comodità dei morti, che tornano a visitare la loro casa (Vasto).
- Sulla tavola da pranzo, si mettono pane, acqua con un lume, da rimanere acceso tutta la nottc, per far luce ai morti che tornano a casa. La mattina seguente, quel pane si dà ai poveri (Chieti).
- Uscendo dai loro sepolcri, i morti vanno in processione per le vie del paese. Chi fosse curioso di vederli, si mette a un crocicchio, col mento appoggiato a una forca; e in tal modo vede passare prima tutte le anime belle, poi quelle degli uccisi e dei dannati. A uno che stava così a vedere, le anime belle consigliarono di rientrare in casa; ma la curiosità prevalse, e quel malaccorto, al vedere le anime dei tristi, morì dalla paura (Chieti).
Per vedere la processione dei morti, i quali, usciti dal camposanto, entrano nel paese per fare (visitare) le chiese, bisogna mettersi sotto la pila dell'acqua santa, con una forca a due punte sotto il mento, e tenendo in mano un gatto. Però, non lo fa nessuno, perché a vedere i morti cattivi, si muore dallo spavento (Fara F. P.).
Guardando la luna a traverso uno slaccio; o guardandola in una bacinella d'acqua, messa sulla finestra, con un lume vicino, si vedranno passare infiniti morti. Nella processione, sempre i buoni avanti, e i cattivi dietro.
- Sui davanzali mettono piatti di minestra, affinché ne mangino i morti che vanno in processione (Campli, Fara F. P.).
- Nella notte dei Morti, non s'ha da lasciare la camicia sulla sedia, ma si deve metterla sotto il guanciale, perché "i morti andrebbero a pisciarvi sopra" (Ortona a mare). Forse, per vendicarsi dell'essere stati sepolti nudi.
- Una morta povera "andò in sonno" alla bisavola della sig. E. B., e le chiese, per la notte di Tutti i Morti, una camicia. La mettesse nella buca del portone. La mattina l'avrebbe riportata. La signora fece quanto le era stato comandato. All'alba di Tutt'i Morti rivide in sogno quella donna, che la ringraziò e le chiese scusa se la camicia l'aveva riportata un po' sporca: la notte era stata piovigginosa (Vasto).
Un morto chiese la camicia a una donna, pregandola di fargliela trovare appesa alla porta di casa. Un mariuolo va e la ruba. Il morto, che non sapeva del furto, riapparve in sogno alla donna, lamentandosi che lo avesse fatto andar nudo alla processione (Chieti).
- I morti lasciano i luoghi in cui penano, ed hanno libertà di tornare nelle proprie case, dove possono restare fino al giorno dell'Epifania. Onde ad essi si attribuisce il detto : Tutte le feste vade vije; ne' vénga maje la Pifanije (Roccaraso).
Dalla sera del 2 novembre fino all'Epifania, si bada a non far oscillare la catena del camino, per non svegliare i morti che dormono in casa (Ib.).
La messa dei Morti, preceduta dall'ufficio, é celebrata dal parroco molto per tempo, per modo che al far del giorno la lunga funzione é terminata. Tutti coloro che hanno antenati sepolti nella chiesa in cui si celebrano gli uffizi, vanno o mandano ad accendere candele sulle sepolture; onde in nessun'altra festa dell'anno tutta la chiesa é così variamente e fantasticamente illuminata.
Ma, prima che dai vivi, il divino uffizio é celebrato dai morti.
Una fornaia, che non sapeva questo, alzatasi assai di buon'ora, andava ad accendere il forno.
Nel passare avanti a una chiesa, che vide illuminata, credette che vi celebrassero la messa ed entrò. La chiesa era illuminata e piena di popolo. Inginocchiatasi, una sua comare, già morta, le si avvicina e dice: "Comare, qui non stai bene; va via. Siamo tutti morti, e questa é la messa che si dice per noi. Spenti i lumi, moriresti dalla paura a trovarti in mezzo a tanti morti". La comare ringraziò, e andò via subito; ma per lo spavento perdette la voce" (Pescina, Cerchio).
Nella mattina di Tutt'i Morti, gli sposi mandano in regalo alle spose la "pizza con le sardelle". I fornai ne fanno regalo alle persone più importanti del paese; e nelle famiglie se ne mangia come cibo di rito (Lanciano).