RITORNI

Anche quella volta ero finalmente arrivato. Scendendo dal piccolo treno de "La Sangritana" alla stazione Civitaluparella-Fallo mi sentivo già a casa anche se mi mancava ancora da fare a piedi tutta la strada dalla stazione al paese.

Ogni volta, quando tornavo, prima di avviarmi verso casa e di affrontare la "Coste di Ruvicate" mi fermavo per un po' a guardarmi intorno. La piccola stazione con la sua corta banchina e la saletta che faceva da sala d'aspetto, mi affascinava ogni volta che la guardavo. Tante volte ero sceso da quel treno e tante volte mi ero guardato intorno nelle diverse stagioni dell'anno, eppure il rumore di sottofondo del fiume, più vivido quando in piena e più fievole in estate, mi dava sempre il benvenuto. Avviandomi verso il paese avevo il cuore leggero sapendo che lì avrei ritrovato i miei affetti, i miei amici, le mie tradizioni e le mie radici. Pensavo però già al ritorno quando avrei rifatto la stessa strada lasciandomi alle spalle il paese ed avendo di fronte a me il maestoso spettacolo dei monti che, chissà perché, mi sembrava ancora più bello.
"Tornerò presto!" mi dicevo ogni volta con un groppo in gola.
"Tornerò presto, per rivedere e per provare di nuovo tutto questo." Ripetevo chiedendomi come fosse possibile di non essermi accorto nei miei giorni passati a Fallo, di quale superbo spettacolo mi mettesse a disposizione la natura. Poi partivo ed a Castel di Sangro già mi sentivo lontanissimo e mi sembrava che i giorni trascorsi al paese li avessi sognati.
 
Questo pensavo prima di avviarmi verso il paese e restavo ancora lì a ricordare le tante storie narrate da mio nonno o dagli anziani del paese quando mi parlavano dei loro viaggi a piedi, a dorso di mulo o, se fortunati, su un carretto: andavano fino Vasto, a Napoli, qualcuno si era spinto fino a Roma. A piedi. Durante questi racconti la mia fantasia di bambino si accendeva e non osavo interrompere la narrazione con delle domande per paura di spezzare quell'atmosfera magica che soltanto i racconti dei vecchi sanno dare. Avrei voluto chiedere dove dormivano, che strada facevano, quanto tempo c'impiegavano, ma restavo assorto ad ascoltare.
Ero con mio nonno che valicava la Majella dal "Guado di Coccia", quando, a cavallo di un mulo, incontrò una femmina di lupo con tre cuccioli, ed ero con lui quando andando a Napoli a piedi, fu sorpreso dalla piena di un fiume proprio mentre lo attraversava. Ed era sempre tornato, come me.
 
Ma quanti non erano mai tornati? Quanti erano partiti da quella stessa stazione ed avevano superato l'Appennino, erano giunti sulle coste del Tirreno, avevano preso una nave, attraversato un oceano ed erano rimasti lì? Cosa avevano provato loro nel momento del distacco? E cosa avrebbero provato ora tornando dopo tanto tempo?
Avrebbero trovato tante cose cambiate e forse molti cambiamenti non sarebbero piaciuti, ma probabilmente sarebbero restati lo stesso perché il richiamo della propria terra è sempre troppo forte per potersene separare. I cambiamenti che io stesso avevo vissuto nel corso degli anni e che erano per me meno evidenti, proprio perché non erano stati così repentini, certamente per loro sarebbero stati più dolorosi, ma lo stesso accettati perché facenti parte di un ciclo vitale e sarebbero restati, oppure..

Mentre ero immerso in questi pensieri e rimiravo ancora una volta le montagne circostanti, mi sentii chiamare: qualcuno era venuto prendermi con una macchina risparmiandomi così la fatica della salita fino al paese.

Sono passati ormai molti anni da quel giorno ed altri cambiamenti ci sono stati: la strada stessa non è più quella di allora, la stazione è ormai in disuso, ma i monti ed il fiume sono sempre lì. Ora quando parto sono in macchina, ma devo percorrere sempre la strada che percorrevo allora ed il paesaggio è mutato di poco ed è lì a mettermi dentro la voglia di tornare ancora una volta.

 
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