UN MENDICANTE
Chiunque sia nato e torni spesso in un paese piccolo come il nostro, è convinto di saperne tutto, di conoscerne tutti i luoghi e di essere al corrente di tutte le storie, grandi o piccole che siano. Presto però ci si rende conto che così non è. Pertanto, come i vicoli, gli angoli di strada, i luoghi tante volte visitati ci appaiono diversi non solo in ogni stagione, ma nelle diverse ore della giornata, anche gli aneddoti narrati sono spesso sconosciuti e ci sembra strano, quando ci sono raccontati, di non averli mai sentiti prima.
È il caso di questa storia ascoltata in una classica serata estiva di Fallo, quando l'aria si fa pungente e ci si raduna davanti al bar.
È una storia che ha come scenario la festa del Patrono, probabilmente ai tempi in cui le celebrazioni si svolgevano nella prima settimana di Giugno. Tempi in cui "la Festa" per i bambini rappresentava ancora qualcosa di eccezionale ed era fatta del suono della banda che girava per il paese, del profumo delle arachidi (nucelle) mescolato con quello dei palloncini, delle cosiddette "mazzicarelle" (ciliegie legate insieme su una canna), del vestitino nuovo, del profumo del sugo preparato la mattina presto e che si spandeva per i vicoli e ti entrava nelle narici durante la processione, dei fuochi d'artificio, della giostra.
C'era, però, l'altra festa, quella vissuta da chi commerciava, dai venditori ambulanti, dai giostrai e infine dai più poveri che si spostavano di paese in paese cercando di racimolare ciò che serviva loro per sopravvivere.
Anche Fallo non era esente dalla presenza di chi tentava di sbarcare il lunario vivendo della carità della gente. Si parla, in alcuni casi, di presenze inquietanti come quella della donna senza gambe che si spostava per il paese trascinandosi con le sole braccia su un basso carrellino costruito in modo artigianale e su cui molti, bambini ed adulti, avevano molto fantasticato.
C'era anche un uomo, privo di una mano, che girava di casa in casa portandosi dietro un salvadanaio dalle sembianze di una Madonnina in cui il buon cuore dei fallesi faceva, a volte, cadere qualche soldo.
I più caritatevoli lo rifocillavano e qualcuno lo aveva anche ospitato in casa, gli aveva parlato ed era così venuto a sapere che aveva anche una moglie ed un figlio da accudire e da crescere.
Il figlio, non era figlio loro. L'avevano trovato un giorno, ancora in fasce, sulla porta di casa e forse perché la solidarietà e la carità si trovano spesso proprio tra chi soffre di più, lo avevano adottato.
Così mentre la moglie si prendeva cura del trovatello, l'uomo girava per i paesi con la sua mano monca e la Madonnina chiedendo la carità.
Passarono gli anni, l'uomo non si vide più, ma qualcuno venne a sapere, non si sa tramite quali fonti, che l'orfano adottato dalla coppia era cresciuto, aveva studiato, si era laureato in legge ed ora esercitava la professione di avvocato.
Non tutti ci credettero, ma chi lo conosceva ne fu felice.
"A forze di dieci lire e cinche lire!" (a forza di dieci lire e cinque lire!) fu il commento soddisfatto di una nostra anziana compaesana memoria storica di tutta la vicenda.
 
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