ENTOMOLOGIA
 
Chi è senza peccato scagli la prima pietra! Penso che siano pochissimi coloro che, vivendo a Fallo, non si siano mai "divertiti" ad intrappolare insetti ed animali di vario genere per puro passatempo o curiosità. Personalmente, insieme con altri compagni di giochi di molti anni fa, più di una volta mi sono cimentato in allevamenti di bestie varie. Ricordo, ad esempio, perfettamente la cattura e la "detenzione" di lucertole in contenitori di stagno: i rettili erano alimentati dalle larve di formiche provenienti dal saccheggio dei formicai presenti sotto i sassi di cui il paese era pieno. Vogliamo poi parlare dell'allevamento di lumache alimentate da insalata freschissima trafugata dalle cucine di casa? In questo caso una vera rarità erano le chiocciole che depositavano le uova: piccole sfere bianche e viscide attaccate le une alle altre e deposte nei punti più riparati della scatola in cui le bestie erano tenute prigioniere.
Rammento anche la cattura ed il tentativo d'allevamento di una piccola biscia costretta in un barattolo di vetro che, per fortuna del rettile, finì preso a sassate da un ragazzo spaventato dal contenuto (l'aveva scambiata per una vipera).

Avete mai provato ad allevare una mantide religiosa? Ed un granchio di ruscello? E una rana? E un riccio? Senza parlare degli uccelli di vario genere: passeri, cardellini, rondini e via dicendo.

Ciò che segue è un piccolo aneddoto relativo ad una delle tante raccolte d'animali avvenuta in una lontana estate trascorsa a Fallo. Quell'anno, in particolare, la nostra attenzione di ragazzi era orientata verso i coleotteri, a tal punto che avevamo deciso di farne una collezione. Vi risparmio i particolari davvero poco simpatici della cattura e della mummificazione dei soggetti, ma vi assicuro che certamente non pensavamo che a Fallo ci fosse una tale quantità di materiale. Oltre all'allora comunissimo "cioce" (Cerambice Eroe) ed all'altrettanto diffuso "scardavone" (Maggiolino), riuscimmo a raccogliere un numero davvero considerevole di soggetti. Non seguivamo certamente una metodologia nella raccolta e nella classificazione, ma nella maggior parte dei casi ci affidavamo alla fortuna: bastava che, girando per il paese o per le campagne circostanti, c'imbattessimo in un soggetto strano, che questo era immediatamente catturato.
Un giorno su una roccia sotto a "La Madonnina" trovammo due coleotteri di modeste dimensioni e di colori cangianti che somigliavano, una volta ritratte le zampe, a due piccoli bottoni. Furono immediatamente catturati e siccome non avevamo posto dove tenerli, ne divenni io il custode chiudendoli dentro uno di quei piccoli borsellini per gli spiccioli che oggi, con l'avvento dell'Euro, sono ridiventati tanto di moda. Non rammento quanto tempo rimasero chiusi nell'angusto contenitore, ma ricordo chiaramente che nel pomeriggio tornai a casa a cambiarmi i pantaloni. Lasciai i calzoni, con dentro il borsellino contenente anche gli insetti, su una sedia e salii al piano di sopra. Non appena salite le scale udii provenire dal piano inferiore un urlo ed il rumore di moneta spicciola che cadeva in terra. Mi precipitai giù per le scale e trovai mia madre al centro della stanza con i miei calzoni in mano, il borsellino in terra e gli spiccioli sparsi intorno. Era accaduto che mia madre prendendo i pantaloni n'aveva rivoltato le tasche e, trovandoci dentro il borsellino, lo aveva aperto e n'aveva svuotato il contenuto nel palmo della mano. Era stata immediatamente attratta dai due piccoli oggetti simili a bottoni luccicanti e li aveva toccati. Gli insetti, che fino a quel momento erano stati rattrappiti, improvvisamente si erano messi a camminare provocando lo spavento di mia madre che aveva lanciato tutto in aria.
Soprassiedo alla discussione che ne seguì, dirò soltanto che mia madre nel pomeriggio, cercando conforto, narrò con molto rammarico tutta la vicenda a mio zio. Quest'ultimo, che da giovane si era certamente gloriato d'azioni ben più "nobili" che collezionare insetti, ascoltò tutta la storia con attenzione, poi, rivolgendosi a me con un sorriso alla Charles Bronson mi disse: - E tu n'antra volte dentre a lu portafoglie mìttice na sirpitelle accuscì vite can nin l'ajepre chiù! - (E tu un'altra volta nel portafogli mettici un serpentello così vedrai che non lo apre più!).
 
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