CACCIA AL TESORO
 
Negli anni settanta il nostro paese ha vissuto un periodo molto attivo dal punto di vista delle iniziative culturali e di aggregazione tra le nuove generazioni. A quel periodo risalgono le famose "Messe Beat" (o "Messe Bitter", come le chiamavano gli anziani del posto) che rivoluzionarono gli standard dei fedeli di allora.
In particolare, per il nostro paese, tale evento era certamente una novità non di poco conto. All'inizio molti avevano storto un po' la bocca, ma poi ogni domenica la chiesa si riempiva sia di giovani che di meno giovani ed in molti avevano dovuto ammettere che "da quanna sone stì giuvene z'arièggne la Chiese di jente" (da quando suonano questi giovani la chiesa si riempie di gente).
L'intelligenza e la capacità aggregante del parroco di allora consentì di sviluppare, soprattutto tra la popolazione più giovane, tutta una serie d'attività atte a trascorrere il tempo nel modo migliore: organizzando giochi e divertendosi.
In una delle estati di quegli anni fu organizzata una caccia al tesoro a cui partecipò gran parte dei giovani presenti al paese in quel periodo. Le regole di detto gioco sono certamente note a tutti, ma in questo caso va rilevato che gli organizzatori avevano preparato per i partecipanti, alcuni piccoli indovinelli, sottili anagrammi e giochi di parole certamente non comuni così come lo erano i premi per i vincitori.
Il gioco si svolgeva ovviamente all'aperto ed i vari indizi conducevano i partecipanti in ogni quartiere del paese e nelle circostanti località.
Essendo in piena estate molti erano i villeggianti che erano tornati a Fallo anche dalla lontana America dove avevano trascorso gran parte della loro vita: per loro era ovviamente più complesso cimentarsi con gli anagrammi e gli indovinelli non sempre facilissimi concepiti dalla mente degli organizzatori.
Tra i vari episodi esilaranti capitati in quell'occasione, quello della "Certa" è certamente il più caratteristico. Questi i fatti.
Presso Lacariello erano state poste alcune carte da gioco ben nascoste sotto una siepe. I partecipanti al gioco ad un certo punto venivano in possesso di un indizio scritto su un foglietto che recitava: "Recati a Lacariello e tra le certa trova quella che più vale" dove il termine "certa" altro non era che l'anagramma della parola "carte". Chi per prima indovinava l'anagramma nascosto nella frase, doveva correre a "Lacariello", trovare il mazzo di carte e prendere quella con il valore più alto.
Tutto questo era scontato per chi conosceva l'italiano, ma certamente non lo era per coloro che, avendo vissuto per tanto tempo all'estero, associavano la parola "certe" o "scerte" (dialettale) al serto che un tempo si usava fare non solo con il granturco, ma anche con gli agli e le cipolle.
Fu proprio un ragazzo tornato dagli Stati Uniti da pochi giorni che al tavolo della "giuria" si presentò sudato e trafelato con una grossa ghirlanda di cipolle a tracolla dicendo: "Cheste è la scerta chiù grosse chi so truvate!" (questo è il serto più grande che ho trovato!).
 
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