MODI DIRE, VITA PRATICA
 

A ALTARE SCARRUPUATE NIN Z'APPICCE CHIÙ CANNELE

(AD ALTARE DIROCCATO NON SI ACCENDONO PIÙ LE CANDELE)

MOTTO RIFERITO SOLITAMENTE ALLE DONNE ANZIANE A CUI NESSUNO FA PIÙ LA CORTE, MA ANCHE A CHI, UNA VOLTA POTENTE, È ORA CADUTO IN DISGRAZIA.
 

A CHELLA PORTA CI VULEVE CULLE BALICONE

(A QUELLA PORTA CI VOLEVA QUEL BALCONE)

IL RIFERIMENTO È SIA AD UNA COPPIA I CUI I DUE COMPONENTI SONO FATTI L'UNO PER L'ALTRA (IN SENSO POSITIVO O NEGATIVO), SIA AL FATTO CHE OGNUNO HA SEMPRE CIÒ CHE MERITA.
 

A LA CASE DI LI SUNATURE NIN ZI PORTE SIRINATE

(A CASA DEI SUONATORI NON SI PORTANO SERENATE)

RIFERITO A CHI SI SPACCIA PER ESPERTO SU UN ARGOMENTO CON CHI NE SA PIÙ DI LUI.
 

A LOCHE ZI FATIJE DUDIC'ORE, TI NI SEGNE OTTE, E TI NI PAGHE SEI

(LÌ SI LAVORANO DODICI ORE, TE NE SEGNANO OTTO E TE NE PAGANO SEI)

MOTTO, IN ALCUNI CASI PURTROPPO ANCORA ATTUALE, RIFERITO A CHI SFRUTTA IN MODO SPUDORATO LE NECESSITÀ DI LAVORO DEGLI ALTRI.
 
A LU MEGLIE FA' DI LA VRASCE HA SCUPIRCHIETE LA COPPE

(QUANDO LA BRACE ERA NEL MOMENTO MIGLIORE HA SCOPERCHIATO "LA COPPA")

IL DETTO, OLTRE A METTERE IN EVIDENZA CON UNA TIPICA SCENA DI VITA CONTADINA, (CIOÈ QUELLA DI ALZARE "LA COPPA" SOTTO LA BRACE PER VEDERE SE LA PIETANZA È COTTA), VUOLE ANCHE METTERE IN GUARDIA CONTRO LA TROPPA CURIOSITÀ CHE A VOLTE CI SPINGE AD INTROMETTERCI IN COSE O SITUAZIONI NEL MOMENTO SBAGLIATO.
 
A LU SCURCIÀ DI LA COTE, ZI 'UASTE LA PELLE

(NEL MOMENTO IN CUI SI DEVE SCUOIARE LA CODA, SI ROVINA LA PELLE)

ALLA FINE DI UN LAVORO BEN FATTO, UN PICCOLO ERRORE PUÒ ROVINARE TUTTO.
 

ATTACCHE L'UÀSINE A DDÒ VÒ LU PATRONE

(LEGA L'ASINO DOVE VUOLE IL PADRONE)

ESEGUIRE, CONTROVOGLIA E PER AMORE DEL QUIETO VIVERE, GLI ORDINI IMPARTITI DAL PADRONE, ANCHE SE RITENUTI SBAGLIATI E DANNOSI ALLO STESSO. IN ALTRE REGIONI SI USA ANCHE DIRE, CON UN ULTERIORE TOCCO DI IRONIA: "LEGA L'ASINO DOVE VUOLE IL MEDESIMO", RIFERENDOSI OVVIAMENTE AL SUPERIORE.
 

ATTIÈNTETE LU NUASE

(TOCCATI, PALPATI, IL NASO)

STA PER “VERGOGNATI!”.
COSA C’ENTRA IL GESTO DEL TOCCARSI IL NASO CON IL FATTO DI DOVERSI VERGOGNARE?
QUANDO CI SI TROVA IN IMBARAZZO PER UNA QUALSIASI SITUAZIONE NON CI SI PORTA LA MANO SUL NASO PER COPRIRE UNA PARTE DEL VISO?
E QUINDI,
Z’ATTINTAME LU NUASE.
 

CARICHE NU UALLE!

(LETTERALMENTE: CARICA UN GALLO, DAI IMPORTANZA AD UN GALLO!)

IL MOTTO È RIVOLTO A CHI ELOGIA UNA PERSONA CHE NOTORIAMENTE HA GIÀ UN ALTO CONCETTO DI SÉ E CHE TROVA IN QUESTO MODO LA MANIERA DI SENTIRSI ANCOR PIÙ IMPORTANTE PUR NON ESSENDOLO PER NULLA.
IL RIFERIMENTO AL GALLO È ABBASTANZA CHIARO. L'ANIMALE, IN QUANTO MASCHIO DEL POLLAIO, SI SENTE IMPORTANTE E NON SI RENDE CONTO CHE LA SUA PRESENZA È LEGATA SOLTANTO AD UN FATTORE PURAMENTE RIPRODUTTIVO. DI SOLITO, INFATTI, FINISCE ARROSTO.
 

CHI IVE ANNIENTE M'HA LASSATE E CHI IVE ARRETE M'HA PASSATE

(CHI MI PRECEDEVA MI HA DISTANZIATO E CHI MI SEGUIVA MI HA SORPASSATO)

HO COME L'IMPRESSIONE DI ESSERE L'ULTIMO.
 

CHI NASCE QUATRE NIN PÒ MURÌ TUNNE

(CHI NASCE QUADRATO NON PUÒ MORIRE TONDO)

DICESI SOLITAMENTE DI INDIVIDUO POCO PERSPICACE, MA IL MOTTO STA ANCHE A SIGNIFICARE CHE IL CARATTERE DI UNA PERSONA CON IL TEMPO NON CAMBIA.
 

CHI NIN SA ABBALLA' NIN ZA DA METTE MMIEZZE

(CHI È INCAPACE DI DANZARE NON SI METTA IN MEZZO)

E' UN MOTTO USATO COME AMMONIMENTO A CHI, PUR NON AVENDO SPECIFICHE QUALITÀ O CAPACITÀ, NON SI ESIME DAL PARTECIPARE A FACCENDE PER LE QUALI NON È PORTATO.
 

CHI SPERA A LU LUOTTE, MAGNE SEMPRE PANE CUOTTE

(CHI SPERA NEL LOTTO, MANGIA SEMPRE PANE COTTO)

IL MOTTO È RIFERITO A CHI SPERA NEI FACILI GUADAGNI.
RICORDIAMO CHE IL "PANE COTTO" (DESCRITTO NELLA RUBRICA "LA CUCINA") È CONSIDERATO UN PIATTO POVERO PERCHÉ PREPARATO CON POCHI INGREDIENTI SCARSAMENTE NUTRIENTI.
 

CHI VA PI LU MUNNE, TUTTE VETE, E CHI STA A LA CASE NIN CI CRETE

(CHI VA IN GIRO PER IL MONDO, TUTTO VEDE, E CHI STA IN CASA NON LO CREDE)

CHI NON SI MUOVE MAI DI CASA O, PER TIMORE, NON FA ESPERIENZE NUOVE, È INCREDULO DI FRONTE ALLE NOVITÀ ED AGLI INEVITABILI CAMBIAMENTI CHE AVVENGONO INTORNO A LUI.
 

CHI VÒ DDIÈ ZI LU PREGHE

(CHI VUOLE DIO SE LO PREGHI)

IO NON AIUTO NESSUNO: SE HAI BISOGNO DI QUALCOSA, ARRANGIATI!
 

CHIORTA VA, DIRITTA VÈ

(STORTA VA, DIRITTA VIENE)

NON È DETTO CHE UNA SITUAZIONE CHE ABBIA PRESO UNA BRUTTA PIEGA NON FINISCA POI IN MODO POSITIVO. COME DIRE: INSISTI, ALLA FINE GIRERÀ BENE!
 

CHIÙ GIRE E CHIÙ MARCHISCIANE TRUOVE

(PIÙ GIRI E PIÙ MARCHIGIANI TROVI)

IL MOTTO È USATO SOLITAMENTE PER INDICARE LA DIFFICOLTÀ A TROVARE GENTE ONESTA CON CUI TRATTARE. IL RIFERIMENTO AI MARCHIGIANI, CHE RISPETTIAMO, È DOVUTO PROBABILMENTE AL FATTO CHE QUESTI ULTIMI, PIÙ ABILI NEGLI AFFARI, ERANO CONSIDERATI DAI VICINI ABRUZZESI, SICURAMENTE INVIDIOSI, POCO CORRETTI NEL PORTARE A TERMINE LE LORO FACCENDE.
 
CIENTE MISURE E NU TAGLIE SOLE

(CENTO MISURE ED UN SOLO TAGLIO)

IL DETTO ERA USATO SPECIALMENTE NEL SETTORE SARTORIALE A RILEVARE L'IMPORTANZA DI UNA BUONA MISURAZIONE DEL TESSUTO PRIMA DEL SUO TAGLIO.
ANCHE OGGI L'AFORISMA SI RIPROPONE IN TUTTE QUELLE OCCASIONI DOVE PRIMA DI AGIRE È NECESSARIO RIFLETTERE PER NON DOVERSI PENTIRE SUBITO DOPO.
 

COME LU VUOLTE E COME LU GIRE, SEMPE SISSANTANOVE È

(COME LO VOLTI E COME LO GIRI SEMPRE SESSANTANOVE È)

DICESI DI COSA O D'AVVENIMENTO CHE NON CONSENTE DI AVERE INTERPRETAZIONI NON UNIVOCHE. IL MOTTO NASCE PROBABILMENTE DALL'ANALISI DEI NUMERI DELLA TOMBOLA DOVE IN ALCUNI CASI, DETTI NUMERI (AD ESEMPIO IL SEI ED IL NOVE), SONO CONTRADDISTINTI ALLA BASE DA UN PICCOLO TRATTO PER NON INGENERARE CONFUSIONE. IL NUMERO SESSANTANOVE INVECE, NON HA BISOGNO DI NESSUN TIPO DI DISTINZIONE PERCHÉ DA QUALSIASI PARTE SI GUARDI RISULTERÀ SEMPRE UGUALE.
 

CRICCHE, CROCCHE E MIÈNE DI 'NCINE

(CRICCO, CROCCO E MANO AD UNCINO)

L'ESPRESSIONE È UTILIZZATA PER INDICARE IN MANIERA GENERICA UNA BANDA DI TRUFFATORI.IN PARTICOLARE:
IL TERMINE CRICCO IN ITALIANO CORRENTE È IL SINONIMO DI MARTINETTO, MENTRE ALCUNE FORME DIALETTALI FANNO RISALIRE IL VOCABOLO AD UNA VOCE ONOMATOPEICA: IL RUMORE CHE EMETTE IL "COLTELLO A CRICCO" (A SERRAMANICO) QUANDO VIENE APERTO.
PER QUANTO RIGUARDA IL TERMINE CROCCO, IL DIZIONARIO ETIMOLOGICO LO PONE TRA LE PAROLE NON PIÙ IN USO NELLA LINGUA ITALIANA, MA LO DEFINISCE COME "GANCIO O UNCINO DI FERRO PER USO DI GUERRA".
LA PARTICOLARITÀ DI QUESTO MODO DI DIRE CONSISTE NELLA FANTASIOSA RICERCA DEI TERMINI: TUTTI RIFERITI AD OGGETTI NON PROPRIAMENTE "DIRITTI" PROPRIO COME LA LEVATURA MORALE DEI MALFATTORI.
 

DORME NCHI LL’UOCCHIE DI LU LEBBRE

(DORME CON GLI OCCHI DELLA LEPRE)

DICESI DI PERSONA CHE HA IL SONNO LEGGERO, MA ANCHE DI CHI È SEMPRE ALL’ERTA PERCHÉ NON HA LA COSCIENZA TRANQUILLA.
 

È ‘NA SCOPA NOVE

(È UNA SCOPA NUOVA)

IL MOTTO SI RIFERISCE ALLE PERSONE APPENA ASSUNTE IN SERVIZIO MA ANCHE A CHI HA POCA DIMESTICHEZZA NEL MESTIERE DI CUI SI VANTA ESSERE ESPERTO.
 

È BRUTTE CHI NIN TE’ NIENTE, MA È CHIÙ BRUTTE CHI NIN TE’ NISCIUNE

(È BRUTTA LA CONDIZIONE DI CHI NON HA NULLA, MA È PIÙ BRUTTA ANCORA QUELLA DI CHI NON HA NESSUNO)

DETTO SOLITAMENTE CITATO COME RISPOSTA A CHI SI LAMENTA DELLA PROPRIA CONDIZIONE ECONOMICA. CHI HA ALMENO UNA PERSONA CON CUI CONFIDARSI O A CUI PUÒ RIVOLGERSI IN CASO DI NECESSITÀ È SICURAMENTE PIÙ FORTUNATO DI CHI, OLTRE AD ESSERE INDIGENTE, È ANCHE COMPLETAMENTE SOLO.
 

FACCIA TOSTE E LU MUNNE È NUOSTRE

(FACCIA TOSTA ED IL MONDO È NOSTRO)

IN BASE AD ALCUNE TEORIE LO SFRONTATO, PRESCINDENDO DALLE SUE EFFETTIVE CAPACITÀ, HA PIÙ POSSIBILITÀ DI AVERE SUCCESSO NELLA VITA.
 

FÀRIZE LA CROCE NCHI LA MIENA CHIORTE

(FARSI IL SEGNO DELLA CROCE CON LA MANO STORTA, CON LA SINISTRA)

LA FRASE È USATA PER INDICARE UNA SITUAZIONE D’ESTREMA MERAVIGLIA O ADDIRITTURA DI RACCAPRICCIO. LA CIRCOSTANZA È TALMENTE FUORI DELL’ORDINARIO CHE SI PERDE PERFINO IL SENSO DELLA RELIGIOSITÀ SEGNANDOSI, APPUNTO, CON LA MANO SINISTRA.
 

FRA CIENT'ANNE STAME TUTTE SENZA NUASE

(FRA CENTO ANNI SAREMO TUTTI SENZA NASO, SAREMO TUTTI MORTI)

IL DETTO E' USATO QUANDO, NEL DARSI UN PO' DI SVAGO, LO SI VUOLE GIUSTIFICARE.
 

GNA' TI FIÈ LU LIETTE ACCUSCÌ TI CÙLICHI

(COME TI SISTEMI IL LETTO COSÌ TI CI CORICHI)

OLTRE NATURALMENTE AD INDICARE CHE UN LETTO SISTEMATO A DOVERE PER LA NOTTE CONSENTE DI RIPOSARE MEGLIO, IL MOTTO STA ANCHE A SIGNIFICARE CHE, NELLA VITA, LE NOSTRE AZIONI QUOTIDIANE POSSONO AVERE DELLE CONSEGUENZE IN FUTURO.
 

HA DA Ì PETE NNIENTE PETE

(DEVE CAMMINARE CON PIEDE CHE SEGUE PIEDE)

DEVE PROCEDERE CON CAUTELA PER NON INCORRERE IN QUALCHE IMBROGLIO. DEVE ESSERE PRUDENTE.
COME DIRE: DEVE ANDARCI CON I PIEDI DI PIOMBO.
 
HA RIMMUORTE LU FUOCHE
OPPURE
FA RIMMURÌ LU FUOCHE

(HA SPENTO IL FUOCO, OPPURE, LASCIA SPEGNERE IL FUOCO)

DICESI DI PERSONA MORTA SENZA LASCIARE EREDI OPPURE DI UOMO CHE NON PRENDE MOGLIE RINUNCIANDO COSÌ ALLA DISCENDENZA.
 

I' N'E'CCA TIENGHE NU MULE!

(IO NON HO MICA UN MULO!)

È COME DIRE: NON HO NULLA DA NASCONDERE, NON MI DEVO VERGOGNARE DI NULLA.
IL TERMINE MULO IN QUESTO CASO È UTILIZZATO IN SENSO DISPREGIATIVO PER INDICARE UN FIGLIO ILLEGITTIMO (COME È NOTO IL MULO È L'INCROCIO TRA UN ASINO ED UNA CAVALLA E NON È QUINDI DI RAZZA PURA).
 

JA FATTE 'SCÌ L'UOCCHIE DAFORE

(GLI HA FATTO USCIRE GLI OCCHI FUORI ALLE ORBITE)

GLI HA ACCESO NELL'ANIMO UN VIVO DESIDERIO DI POSSEDERE UN OGGETTO, OPPURE, GLI HA MOSTRATO UNA COSA CHE HA DESTATO IN LUI UNA GRAN MERAVIGLIA.
 
LA COTE È SEMPRE LA CHIÙ BRUTTE DA SCURCIÀ

(LA CODA È SEMPRE LA PIÙ BRUTTA DA SCUOIARE)

IL DETTO, MOLTO SIMILE AL PRECEDENTE, SI RIFERISCE A QUALUNQUE COSA O INIZIATIVA INTRAPRESA CHE ALL'INIZIO SI AFFRONTA CON VOGLIA E VIGORE, MA POI, MAN MANO CHE SI ARRIVA VERSO LA FINE, SI FA SEMPRE PIÙ DURA E FATICOSA.
 
LA PÈCHERE C'ARIPPELLE PERDE LU MÙCCECHE

(LA PECORA CHE BELA PERDE IL MORSO, LA BOCCATA DI CIBO)

CHI PARLA MOLTO INVECE DI LAVORARE PROBABILMENTE ALLA FINE RESTERÀ ANCHE SENZA LA GIUSTA RICOMPENSA.
 
LA SCULATURE VÀ A LI CHIÙ BIELLE

(LA SCOLATURA, INTESO COME LIQUIDO RIMANENTE SUL FONDO DELLA BOTTIGLIA, VA AI PIÙ BELLI)

DETTO DI CONSOLAZIONE IN CUI È CHIARO IL RIFERIMENTO AL GIOCO COSIDDETTO DE "LA PASSATELLA" OVVERO "PADRONE E SOTTO" (PATRONE E SOTTE): I GIOCATORI, IN BASE ALLE CARTE DA GIOCO NAPOLETANE E CON REGOLE STABILITE PRIMA DELL'INIZIO DELLA PARTITA, A TURNO BEVONO BICCHIERI DI VINO O BIRRA. NEL GIOCO C'È SEMPRE L'"OLMO" (ULME) OVVERO COLUI A CUI NON SI DÀ MAI DA BERE, SEGUITO, APPUNTO, DA "IL BELLO" ("LU BIELLE" ) CHE È QUELLO CHE SI DEVE ACCONTENTARE DEI FONDI DELLE BOTTIGLIE CHE NON SONO, OVVIAMENTE, PORZIONI INTERE.
 
L'ACCHE VA A LI SPALLE

(L'ACQUA VA ALLE SPALLE)

IL DETTO SI RIFERISCE AD UNA TIPICA SCENA DI VITA RURALE. INFATTI, QUANDO LA TERRA SI LAVORAVA A MANO, AL CONTADINO DURANTE IL LAVORO SI OFFRIVA DA BERE. NELLA MAGGIOR PARTE DEI PODERI IL PADRONE DAVA AL BRACCIANTE DEL VINO, MA QUANDO SI PRESENTAVA CON LA BOTTIGLIA DELL'ACQUA, IL LAVORANTE GLI DICEVA, APPUNTO, "L'ACQUA VA ALLE SPALLE" (OSSIA, DAMMI IL VINO CHE SAZIA LO STOMACO COSÌ CHE IO POSSA CONTINUARE A LAVORARE DI BUONA LENA).
 

LI FIGLIE DI LI FRATIELLE PRIME O DOPPE CACCE LI CURTIELLE

(I FIGLI DEI FRATELLI, CIOÈ I CUGINI, PRIMA O POI CACCIANO I COLTELLI)

DETTO CHE, SI SPERA, AI NOSTRI GIORNI NON TROVI PIÙ GRANDI RISCONTRI NELLA REALTÀ. IN CONDIZIONI ECONOMICHE DI DISAGIO ERA, INFATTI, MOLTO PIÙ FREQUENTE, CHE I CUGINI SI ACCAPIGLIASSERO PER QUESTIONI DI EREDITÀ. ALCUNE VOLTE PERÒ LE LITI SCOPPIAVANO ANCHE SOLTANTO PER UN MALINTESO O PER SEMPLICI RIPICCHE PERSONALI. NON SEMPRE SI FINIVA A COLTELLATE, MA SICURAMENTE I LITIGANTI NON SI SCAMBIAVANO CERTO DEI COMPLIMENTI.
 

L'UÀSINE NCHI SETTE PATRUNE ZI MURETTE DI FAME

(IL SOMARO CON SETTE PADRONI MORÌ DI FAME)

LA FRASE È TRATTA DA UN RACCONTO POPOLARE CHE NARRA DI SETTE PERSONE CHE, DIVIDENDO LA SPESA, ACQUISTARONO UN SOMARO IN COMUNE CHE NESSUNO ACCUDIVA PENSANDO CHE LO FACESSERO GLI ALTRI E PROVOCANDO COSÌ LA MORTE PER INEDIA DELLA POVERA BESTIA.
NELLA SOCIETÀ CONTADINA, IL MOTTO ERA SOLITAMENTE USATO PER INDICARE LA SITUAZIONE IN CUI, GLI EREDI DI UNA PROPRIETÀ, NON PRENDEVANO DECISIONI IN MERITO ALLA SPARTIZIONE DEI BENI LASCIANDO COSÌ CHE QUESTI ANDASSERO IN ROVINA.
AI GIORNI NOSTRI PUÒ ESSERE UTILIZZATA RIFERENDOSI A COLORO CHE, AMMINISTRANDO UN BENE, NON PRENDONO DECISIONI DEFINITIVE, DEMANDANDO AGLI ALTRI QUEST'INCOMBENZA.
COME DIRE: QUANDO CI SONO TROPPI GALLI A CANTARE, NON FA MAI GIORNO.
 

M’ARIBBILATE DI FRASCHE E DI LENE

(MI HA SEPPELLITO DI FRASCHE E DI LEGNA)

VALE A DIRE: HA INVEITO CONTRO DI ME CON TALE FURIA CHE NON SONO STATO IN GRADO DI RISPONDERE. PROPRIO COME SE MI AVESSE SCARICATO ADDOSSO UN CARICO DI FRASCHE E DI LEGNA, SEPPELLENDOMI.
 

NCHI CIENTE NIENTE ZÈ MUORTE L'UÀSINE

(CON CENTO "NIENTE" È MORTO L'ASINO)

LE MINUZIE, SOMMATE INSIEME POSSONO DIVENTARE UN PESO INSOSTENIBILE.
 
NCHI TE SOCERA PARLE E TU NORA M'INTIENNE

(PARLO CON TE, SUOCERA, MA TU, NUORA, MI INTENDI)

IL MOTTO È CITATO QUANDO SI VUOLE FAR CAPIRE INDIRETTAMENTE QUALCOSA AD UN INDIVIDUO, RIVOLGENDOSI AD UNA TERZA PERSONA PERCHÉ IL PRIMO FINGE DI NON CAPIRE.
TALE DETTO NASCE DALLA PROVERBIALE RITROSIA DELLE NUORE AD ACCETTARE LA "MAGGIOR ESPERIENZA" (O PRESUNTA TALE) DELLE SUOCERE CHE SPESSO È LORO "IMPOSTA" CON ECCESSIVA INSISTENZA. PER NON INIMICARSELE CON ECCESSIVE "LEZIONI DI COMPORTAMENTO", SI FINGE DI DARE LEZIONE ALLA SUOCERA PERCHÉ SIA INVECE LA NUORA AD APPRENDERE. OLTRETUTTO TALE STRATAGEMMA SORTISCE ANCHE UN POSITIVO EFFETTO PSICOLOGICO SULLA NUORA CHE, SODDISFATTA IN CUOR SUO DI VEDER "REDARGUITA" LA SUOCERA, SI DISPONE MEGLIO ALL'APPRENDIMENTO DEL SUGGERIMENTO AD ESSA DATO.
 

NIN È COSE CHI CI CANTE LU PRETE

(NON SONO COSE SU CUI CANTA IL PRETE)

SONO COSE DI SCARSA IMPORTANZA: NON È NECESSARIO CHE SIANO RESE PUBBLICHE.
MA VALE ANCHE A DIRE: CIÒ CHE È CAPITATO NON HA PROVOCATO LA MORTE DI NESSUNO (ED IL PRETE NON HA QUINDI CELEBRATO LA MESSA FUNEBRE).
 

OGNI NUBBILTÀ VÈ DA LA ZAPPE

(OGNI NOBILTÀ VIENE DALLA ZAPPA)

LA FORTUNA NON SI COSTRUISCE MAI DALL'OGGI AL DOMANI, MA A POCO A POCO E CON COSTANZA ED ANCHE QUELLI CHE OGGI HANNO TUTTO DEVONO LA LORO FORTUNA A CHI, PRIMA DI LORO, HA LAVORATO PARTENDO DAL NULLA.
 

PIERDE E SPICCE

(PERDI E LÌBERATI)

È UN CONSIGLIO CHE DI SOLITO SI DÀ A CHI VUOLE IMBARCARSI IN UNA CAUSA LEGALE DAGLI ESITI INCERTI. È PREFERIBILE DARLA VINTA ALL'AVVERSARIO PIUTTOSTO CHE CACCIARSI IN QUALCOSA CHE NON SI SA QUANDO E COME FINIRÀ.
 

POZZE SAPE' QUANTA PARE FA TRE VUOVE?

(POSSO IO, MAI, SAPERE QUANTE PAIA FANNO TRE BUOI?)

QUESTO MOTTO È RIVOLTO A CHI DI SOLITO CHIEDE DI DARE RISPOSTE SU COSE NON PONDERABILI. COME SI FA, INFATTI, A STABILIRE TRE BUOI QUANTE PAIA SONO?
IN ALTRE ZONE D'ITALIA SI USA ANCHE DIRE: CHE NE SO IO DI QUANTI GIRI FA UNA BOCCIA?
 
PUÒ PARLÀ QUANNA PISCE LI GALLINE

(PUOI PARLARE QUANDO ORINA LA GALLINA)

RIFERITO ESSENZIALMENTE A PERSONA DI CUI SI HA POCA STIMA E DI CUI SI FA VOLENTIERI A MENO DEI CONSIGLI.
IL MOTTO ERA ANCHE MOLTO USATO RIVOLTO AI BAMBINI QUANDO GLI ADULTI NON VOLEVANO ESSERE IMPORTUNATI DALLE LORO AFFERMAZIONI.
IN PRATICA PERÒ L'AFORISMA NON È MOLTO REALISTICO PERCHÉ L'APPARATO ESCRETORE DEGLI UCCELLI, PUR NON PREVEDENDO UN ORGANO ATTO ALLA MINZIONE, SBOCCA NELLA COSIDDETTA CLOACA, UN'UNICA CAVITÀ IN CUI CONFLUISCONO ANCHE I DOTTI DEGLI ORGANI RIPRODUTTIVI. L'URINA PRODOTTA È QUINDI ESPULSA INSIEME ALLE FECI.
 

PURE LI PULCE TE' LA TOSCE

(ANCHE LE PULCI HANNO LA TOSSE)

RIFERITO A PERSONE (MA SOPRATTUTTO AI BAMBINI) CHE NON HANNO VOCE IN CAPITOLO, MA CHE VOGLIONO FAR VALERE LE LORO RAGIONI.
 

QUANNE LU DIÀVELE T'ACCAREZZE, VÒ L'ÀNEME

(QUANDO IL DIAVOLO TI ACCAREZZA, VUOLE L'ANIMA)

DIFFIDA DELLE PERSONE CHE TI LODANO TROPPO, IL LORO SCOPO POTREBBE ESSERE QUELLO DI SFRUTTARTI.
 

SÀ D'ARIVÀ E RIVACCE

(HA IL SAPORE DI "RITORNACI E TORNACI ANCORA")

GIOCO DI PAROLE PER INDICARE QUALCOSA DI PARTICOLARMENTE GRADEVOLE DA MANGIARE.
LA FRASE ERA, INFATTI, USATA DAI COMMENSALI COME RISPOSTA AL PADRONE DI CASA CHE S'INFORMAVA SULLA QUALITÀ DEL CIBO CON LA DOMANDA: "GNÀ È?" (COM'È?).
"È TALMENTE BUONO CHE TORNI E RITORNI ANCORA A RIEMPIRTI IL PIATTO".
 

SCARTA FRUOSCE E PIGLIE A PRIMERE

(SCARTA IL "FRÙSCIO" E PRENDI LA PRIMIERA)

PER COMPRENDERE IL SENSO DI TALE MODO DI DIRE È NECESSARIO COGLIERE BENE IL SIGNIFICATO DEL TERMINE "FRÙSCIO" (NON FRUSCÌO) CHE, NEL NOSTRO DIALETTO, È DIVENTATO "FRUOSCE" (FOGLIE).
TALE VOCABOLO DERIVA DALL'ANTICO GIOCO DI CARTE DELLA "PRIMIERA" DOVE IL FRÙSCIO (TERMINE ORIGINALE "FLUSSO") RAPPRESENTA UN PUNTEGGIO DI BASSO VALORE (QUATTRO CARTE DELLO STESSO SEME PER UN TOTALE DI SETTANTA PUNTI), MENTRE LA PRIMIERA (QUATTRO SETTE DI SEMI DIVERSI) FA UN TOTALE DI OTTANTAQUATTRO PUNTI.
IL MOTTO È SOLITAMENTE UTILIZZATO PER METTERE SULL'AVVISO QUALCUNO SCONSIGLIANDOLO DI APPROFITTARE DI UNA SITUAZIONE SVANTAGGIOSA PER ATTENDERE MOMENTI MIGLIORI.
NON È RARO PERÒ CHE VENGA USATO ANCHE PER INDICARE UNA SITUAZIONE SGRADEVOLE IN CUI QUALCUNO, PER SUA MANCANZA, ABBIA SCARTATO UNA BUONA OCCASIONE (IL FRÙSCIO) SPERANDO CHE GLIE SE NE PRESENTASSE UNA MIGLIORE (LA PRIMIERA) RIMANENDO POI A MANI VUOTE. COME DIRE: CADERE DALLA PADELLA NELLA BRACE.
 

SI NIN PO' VATTE SACCHE, VATTE SACCHITTE

(SE NON PUÒ BATTERE IL SACCO, BATTE IL SACCHETTO)

È PIÙ FACILE PRENDERSELA CON I DEBOLI PIUTTOSTO CHE AFFRONTARE I PIÙ FORTI.
RIFERITO ANCHE AD UNA SITUAZIONE IN CUI QUALCUNO, NON POTENDO OTTENERE APPIENO UN RISULTATO, SI ACCONTENTA ANCHE DI MOLTO MENO.
COME DIRE: MEGLIO POCO CHE NIENTE.
 

SOBBRE A LU CUOTTE, L'ACCA VULLITE

(SULLA SCOTTATURA, ACQUA BOLLENTE)

DICESI DI UNA SITUAZIONE CHE, GIÀ DI PER SÉ DRAMMATICA, DIVIENE ADDIRITTURA INSOSTENIBILE A CAUSA DEL SOPRAVVENIRE DI NUOVI GUAI.
 

TANTE POZZA DURUÀ LA MIA NORE PI QUANTA DURE LA NEVA MARZOLE. TANTE POZZA DURUÀ LA SOCERA MEJE PI QUANTA DURE LA NEVE DI MEJE

(MIA NUORA POSSA DURARE PER LO STESSO TEMPO CHE DURA LA NEVE DI MARZO. MIA SUOCERA POSSA DURARE PER LO STESSO TEMPO CHE DURA LA NEVE DI MAGGIO)

DETTO POPOLARE CHE CONFERMA LA RIVALITÀ CHE È SEMPRE ESISTITA TRA SUOCERA E NUORA. IN QUESTO CASO COLEI CHE CI RIMETTE DI PIÙ È SENZ'ALTRO LA SUOCERA CHE, SECONDO LA NUORA, NON DOVREBBE PROPRIO ESISTERE (COME, APPUNTO, LA NEVE A MAGGIO).
LA VERSIONE ABRUZZESE DEL MOTTO È MOLTO PIÙ PESANTE RISPETTO A QUELLA DI ALTRE REGIONI ITALIANE CHE PIÙ SEMPLICEMENTE RECITA: LA NEVE MARZOLA DURA QUANTO LA PACE TRA SUOCERA E NUORA, VALE A DIRE CHE IL BUON RAPPORTO INSTAURATO TRA UNA SUOCERA E UNA NUORA DURA POCHISSIMO COME, APPUNTO, LA NEVE DI MARZO.
INTERESSANTE, INFINE, LA PAROLA "MEJE", UTILIZZATA IN QUESTO CASO SIA COME POSSESSIVO (MIA) CHE COME NOME DI MESE (MAGGIO): È, OVVIAMENTE, UNA "LICENZA POETICA". IN DIALETTO FALLESE, INFATTI, MIA SI DICE "ME" E MAGGIO SI DICE "MAGGE".
 
TANTE TINEVE LA VOTTE E TANTE HA FATTE LA VIGNE

(TANTA CAPIENZA AVEVA LA BOTTE E TANTO HA PRODOTTO IL VIGNETO)

CI SI RIFERISCE ALLA COMBINAZIONE DEGLI EVENTI, SOPRATTUTTO SE QUESTI ULTIMI DANNO UN PO' DA PENSARE SULLA LORO CASUALITÀ.
 

TIETE CA MI TIENGHE

(TIENITI CHE MI TENGO)

TIENITI IN PIEDI TU COSÌ CHE IO POSSO, A MIA VOLTA, APPOGGIARMI A TE. ESPRESSIONE GENERICA PER INDICARE UNA SITUAZIONE PRECARIA. È CHIARO IL RIFERIMENTO ALLE COSTRUZIONI FATISCENTI CHE, POGGIATE UNA SULL’ALTRA, SI SOSTENGONO A VICENDA, MA L’ESPRESSIONE È ANCHE USATA IN QUALSIASI CIRCOSTANZA IN CUI SI CERCA IL SOSTEGNO DA QUALCUNO CHE NON PUÒ DARCELO.
 
TIETTE STRITTE LU PANE DI LU CUVERNE CA TU STIÈ 'N PARADISE E NU A LU 'MPERNE

(TIENITI STRETTO IL PANE DEL GOVERNO CHÈ TU STAI IN PARADISO E NOI ALL'INFERNO)

ERA LA RACCOMANDAZIONE CHE SI FACEVA AL FIGLIO IMPIEGATO CHE VOLEVA LASCIARE IL POSTO, MA GENERALMENTE IL DETTO ERA USATO ANCHE IN SENSO GENERICO PER METTERE SULL'AVVISO CHI VOLEVA INTRAPRENDERE UN'ATTIVITÀ DAGLI ESITI INCERTI.
 

TINEME LU DIÀVVELE PI CUMPARE

(ABBIAMO IL DIAVOLO PER COMPARE, PER AMICO, DIFENSORE)

DETTO RIFERITO A QUELLE SITUAZIONI IN CUI, CHI DOVREBBE DIFENDERCI O SOSTENERCI, CI UMILIA E CI DENIGRA.
 

VÀ A TÀVELA MESSE

(VA A TAVOLA APPARECCHIATA)

DICESI DI PERSONA CHE VIVE TRANQUILLA PERCHÉ HA SEMPRE QUALCUNO CHE GLI DÀ DA MANGIARE E L'AIUTA NEI MOMENTI DI DIFFICOLTÀ .
 

VA TRUVENNE MARIE PI' ROME

(VA CERCANDO MARIA PER ROMA)

MOTTO RIFERITO A CHI SI COMPLICA LA VITA IMPELAGANDOSI IN PROGETTI IMPOSSIBILI DA REALIZZARE COME, APPUNTO, CERCARE, UNA PERSONA CONOSCIUTA CON IL COMUNISSIMO NOME DI MARIA, IN UNA CITTÀ GRANDE COME ROMA.
 

Z’ANNASCONNE MMIEZZE A LI LUPINE

(SI NASCONDE IN MEZZO AI LUPINI)

DICESI DI PERSONA CHE CERCA DI FARE QUALCOSA DI NASCOSTO, MA, ESSENDO POCO ACCORTO, SI FA PRESTO SCOPRIRE. COME, APPUNTO, TENTARE DI NASCONDERSI IN UN CAMPO SEMINATO A LUPINI DOVE I SEMI MATURI, URTANDOSI TRA LORO, PRODUCONO RUMORE.
 

ZAPPE DI FÈMMENE E SÙLICHE DI VACCHE, MMALE A CHELLA TERRE CHI C'INCAPPE

(POVERA QUELLA TERRA CHE SOPPORTA UNA ZAPPATURA OPERATA DA UNA DONNA ED UN SOLCO PRODOTTO DAL LAVORO DI UNA MUCCA, INVECE CHE DI UN BUE)

QUESTO MOTTO, UN TANTINO MASCHILISTA E FORTUNATAMENTE NON PIÙ IN USO, È PROBABILMENTE NATO IN AMBITO CONTADINO. ERA CERTA, INFATTI, IN TALE AMBIENTE, LA CONVINZIONE CHE IL LAVORO FEMMINILE NON PRODUCESSE BUONI FRUTTI E CHE FOSSE, ANZI, DANNOSO.
 

Z'È APIZZUTUATE LU PUALE SOBBRE A LI INÒCCHIERE

(HA FATTO LA PUNTA AL PALO POGGIANDOLO SULLE PROPRIE GINOCCHIA)

SI È ARRECATO UN GRAVE DANNO.
 

ZI COCE NCHI NU VULLE

(SI CUOCE CON UNA SEMPLICE BOLLITURA)

SI DICE DI COSA FACILE DA OTTENERE.
 

ZI FINISCE LU JUOCHE TRA LA PAGLIE E TRA LU FUOCHE

(FINISCE IL GIOCO TRA LA PAGLIA E IL FUOCO)

CON QUESTA FRASE SI VUOL INTENDERE CHE UN'AZIONE INIZIATA PER PURO DILETTO O CON POCO IMPEGNO SI PUÒ TRASFORMARE IN QUALCOSA DI PIÙ GRAVOSO E CON ASPETTI IMPREVEDIBILI O ADDIRITTURA PERICOLOSI.
LE PAROLE DEL MOTTO SONO ANCHE IL RITORNELLO DI UNA VECCHIA CANZONE POPOLARE ABRUZZESE CHE APPUNTO RECITAVA "ACCUSCÌ ZI FINISCE LU JUOCHE TRA LA PAGLIE E TRA LU FUOCHE.".
INOLTRE, È ANCORA OGGI NOTO UN EPISODIO LEGATO AD UNA NOSTRA COMPAESANA CHE PRONUNCIÒ TALE FRASE DURANTE UNA DELLE PRIME TRASMISSIONI TELEVISIVE IN CUI SI VEDEVA UN BALLERINO CHE USCIVA DI SCENA PRENDENDO IN BRACCIO LA BALLERINA. L'ANZIANA DONNA, NON RIUSCENDO A DISTINGUERE LA FINZIONE DALLA REALTÀ, DIEDE LIBERO SFOGO ALLA SUA FANTASIA IMMAGINANDO, DIETRO LE QUINTE, CHI SA QUALI IMMAGINI PECCAMINOSE.
 

ZI VO MURÌ NCHI LA SUMENTA NCUORPE

(VUOLE MORIRE CON IL SEME IN CORPO)

SEMBRA PROPRIO CHE NON VOGLIA AMMOGLIARSI!