LETTERATURA E POESIA D'ABRUZZO
 

DA MAJA PIJA NOME LA MAJELLA

NOTA DI APPROFONDIMENTO

 
Il canto "Da Maja Pijia nome la Majella" (Rivisitazione in vernacolo del componimento "La leggenda della gigantesca Maia" di Mario Lolli) è ispirato alla bellissima fiaba "La leggenda della gigantesca Maia" magistralmente scritta dal poeta Mario Lolli e musicata dal M° Camillo Berardi.
 
I maestosi scenari del Gran Sasso e della Maiella, nel “Cuore Verde d’Europa”, sono stati i luoghi prìncipi e fascinosi, eletti dal mito, dove si è svolta “la leggenda della gigantesca Maia”. Il racconto, ispirato al tema mitologico, in un viaggio straordinario e attraente sui nostri monti, porta il lettore e l’appassionato della montagna in un nuovo mondo magico e commovente, di grande ricchezza poetica ed umana. La “fabula”, coinvolgente, sposa coerentemente l’intera storia dell’Abruzzo, dalle antiche origini preelleniche, ed in essa domina la devozione filiale degli abruzzesi per la “Maiella Madre”, tempio imponente sacro a Maia, protagonista di una struggente vicenda .
 

LA LEGGENDA DELLA GIGANTESCA MAIA

Versi di Mario LOLLI
Musica di Camillo Berardi

 

Racconta una vecchia ed amara leggenda
che Maia, la figlia d’Atlante, stupenda,
scampata al nemico fuggì dall’oriente
con l’unico figlio ferito e morente.
Raggiunto d’Italia un porto roccioso,
sfruttando le forre e il terreno insidioso,
condusse il ferito, vicino al trapasso,
in alto lassù sopra il monte Gran Sasso.

A nulla giovaron, nell’aspra caverna,
le cure profuse da mano materna:
al giovane figlio volò via la vita
lasciando alla madre una pena infinita.
E proprio quel monte d’Abruzzo nevoso
racchiuse la salma all’estremo riposo.

Il grande dolore di Maia la diva
escluse al suo cuore la gioia istintiva;
non ebbe più pace, non valse l’apporto
dei propri congiunti a darle conforto.
Sommersa dal lutto, sconvolta dal dramma,
non ebbe più pianto, non era più mamma.
Di vivere ancora non ebbe coraggio:
si spense nell’ultima notte di maggio.

Un mesto corteo con fiori per Maia
salì a seppellirla in un’altra giogaia,
rimpetto alla tomba del figlio adorato
strappato alla madre dal barbaro fato.
E quella montagna, al cospetto del mare,
d’allora MAIELLA si volle chiamare.

FINALE

“AMARO” ebbe nome la vetta maggiore
per dare risalto al materno dolore.