I SÒ NU POVERE VIECCHIE ORFANE DI MAMME E DI PUATRE
L'autocompatimento è spesso una di quelle cose che fanno molto breccia nel cuore dei più sensibili e di chi è facile alla compassione.
Lamentandosi del suo stato d'indigenza e del modo in cui veniva trattato da alcuni parenti, un nostro paesano, già molto avanti con l'età, pronunciò questa frase non si sa se per muovere a compassione chi lo ascoltava o se per scarsa conoscenza del significato della parola orfano.
L'attento e paziente ascoltatore che ha consentito con la sua testimonianza di far giungere fino a noi questa storica frase, restò, a suo dire, alquanto stupito nel sentire l'anziano inveire prima con forza contro chi non lo accudiva nella dovuta maniera e poi, con voce flebile e prossima al pianto (non si sa se vero o simulato), sentenziare: "E tutte 'stì cose a me, nu povere viecchie orfane di mamme e di puatre!"
Naturalmente, dinanzi a tali affermazioni era ben difficile trovare frasi di circostanza soprattutto perché, fatto un rapido calcolo, il nostro ascoltatore si rese conto che, se fossero stati ancora in vita, i genitori dell'anziano avrebbero dovuto essere più che centenari.
Ricordò quindi un episodio accaduto qualche anno prima presso l'ufficio postale di Villa Santa Maria, dove si era recata una persona anziana ad aprire un libretto postale. Alla richiesta dell'impiegato a chi voleva che fosse intestato il conto, il vecchio rispose: "A me e a mamma me!". L'uomo allo sportello guardò l'anziano, ne verificò la data di nascita e poi, forse senza neanche accorgersene, esclamò: "E màmmete è 'ncora vive!"
 
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