I salti generazionali, si sa, ci sono sempre stati. I figli hanno sempre mal sopportato le imposizioni dei genitori ma, in tempi in cui il padre era considerato un padrone, nessuno si azzardava a mettere in discussione gli ordini del capo famiglia.
Il caso di seguito narrato è un'eccezione a quest'ultima regola. Secondo quanto raccontato dalla persona direttamente interessata, durante uno dei tanti litigi con il genitore, quest'ultimo non riuscendo ad avere la meglio a parole, scelse la via più breve colpendo l'erede con un ceffone. In maniera del tutto inaspettata il rampollo rispose al padre nello stesso modo provocando tra i due quasi una colluttazione.
Durante l'esposizione dei fatti, la frase pronunciata e passata poi alla storia fu la seguente: "Maddimane so litichiete nchi piètreme! Isse minave a me e i minave a isse: faciavame a la rota mena chielcie!" (questa mattina ho litigato con mio padre! Lui picchiava me ed io picchiavo lui: facevamo a "la rota mena chielce").
"La rota mena chielce" (la ruota tira calci) era un gioco che si svolgeva tra i ragazzi del paese.
Si formavano due squadre: i componenti della prima si ponevano in cerchio tenendosi per le braccia con il viso rivolto verso l'esterno, i componenti della seconda dovevano invece tentare di entrare nel cerchio formato dalla prima che doveva tentare di fermarli. Gli scontri tra le due squadre erano tremendi e i ragazzi che formavano il cerchio tenevano a bada gli avversari con gli unici mezzi a loro disposizione: le gambe. Da questa particolarità il gioco prendeva il suo bizzarro nome.
Nel nostro caso non si sa chi dei due contendenti avesse avuto la meglio, se il padre o l'erede ribelle, ma nel gioco di strada quasi tutti i partecipanti ne uscivano malconci.