Se si parlasse tutti nella stessa lingua tutto sarebbe più facile. Ciò vale sia per le lingue straniere sia per le forme dialettali. E la persona protagonista della vicenda che andiamo tra poco a narrare sarebbe stata certamente d'accordo con noi.
La data precisa in cui l'episodio si svolge non si conosce, per certo si sa soltanto che è verso la fine dell'ultimo conflitto mondiale.
Tutta la storia nacque dalla notizia ricevuta da una donna di Fallo del ricovero del marito militare in un ospedale di Roma. La consorte disperata, preoccupata e a corto di nuove, decise, dopo una settimana di riflessioni, di avventurarsi nel viaggio verso la capitale per avere notizie del coniuge ed assisterlo, ove necessario, nella maniera migliore.
Ignorando completamente le difficoltà cui sarebbe andata incontro, la donna partì dal paese senza altre indicazioni se non il nome del proprio marito, convinta che, giunta a Roma, chiunque avrebbe saputo fornirle le indicazioni necessarie al suo ritrovamento.
Del racconto di tutte le vicissitudini passate dalla donna ci resta ben poco se non piccoli brani del suo resoconto fatto al suo ritorno da Roma. Pare comunque che dopo molto girovagare per la città chiedendo notizie "di marìteme chi stave a la guerre e mò stà a lu 'spidale" (di mio marito che era in guerra e che ora è in ospedale) fosse finalmente riuscita a giungere all'ospedale militare.
Il racconto della donna confuso ed inframmezzato da sospiri e lacrime è caduto quasi tutto nel dimenticatoio tranne che per la parte finale quando, narrando del suo arrivo al nosocomio, spiegava di quanto le era stato difficoltoso rintracciare il marito nel grande ospedale perché "La zia sé, a Rome zi parle n'altra lingue e si tu i da ì a mmonte zi dice giù, giù, giù, giù, mentre si a da ì a bballe zi dice su, su, su, su. I, arriviete a lu 'spidale, addummannave addò stave lu marite miè e chille m'onnarispunneve su, su, su, su o giù, giù, giù, giù, pi cierte curriture lunghe lunghe!" (Nipote mio, a Roma si parla un'altra lingua e se tu devi andare sopra si dice giù, giù, giù, giù, mentre se devi andare sotto, si dice su, su, su, su. Io, giunta in ospedale, domandavo dov'era mio marito e quelli mi rispondevano su, su, su, su o giù, giù, giù, giù indicandomi lunghissimi corridoi!).
Non è dato sapere come avesse fatto la donna a stabilire tale regola linguistica e soprattutto come avesse fatto a giungere a destinazione andando sempre nel verso opposto a quello indicatole, ma si sa, tutte le strade portano a Roma e la perseveranza unita all'affetto per una persona cara fanno superare tutte le difficoltà. |