TÒTERE
Parte interna della pannocchia del granturco. La parola deriva dal termine italiano "tùtolo" (direttamente dal latino tùtulus) che indica l'asse spugnoso sul quale sono inseriti i grani del mais. Alludendo all'inutilità di questa parte della pianta, il termine "tòtere" viene anche usato per indicare ironicamente una persona insulsa o la cui presenza sia inopportuna (vedi nei Modi di dire ). I più "datati" ricorderanno certamente che le ristrettezze economiche dei tempi passati inducevano molte famiglie a "fabbricare" in casa i materassi su cui riposare la notte. Questi giacigli "fai da te" prevedevano l'impiego della "veste" (le lunghe foglie che racchiudono la pannocchia) con la quale venivano riempiti grossi sacchi di tela di forma più o meno rettangolare (a guisa di materasso, appunto). Non era raro che il fogliame, recuperato nel corso dell'operazione di pulitura del granturco, nascondesse qualche "tòtere" sfuggito al controllo. Avveniva così che il sonno di molti, già disturbato dal crepitio del fogliame rinsecchito contenuto nel "materasso", venisse bruscamente interrotto dalla dura pressione di qualche "tòtere" finito per sbaglio nel "materiale di imbottitura" e che rivelava la sua presenza insinuandosi fra le costole o dietro la schiena. Modi di dire: "Quanna luvive la veste, truvive sole lu tòtere! " (quando tolsi le foglie (della pannocchia) trovai solo il tùtolo -e nessun chicco di mais.-); "Ti turcesse lu cuolle gnè nu tòtere.!" (ti torcerei il collo come si fa con il tùtolo: nell'espressione si allude all'operazione di "sgranatura" della pannocchia che si effettuava, appunto, torcendone il tùtolo affinché si staccassero i chicchi in esso contenuti); "Stà sempre mmiezze gnè nu tòtere!" (sta sempre in mezzo come un torsolo inutile); "Ci stave pure culle tòtere di mariteme.!" (c'era anche quel buono a nulla di mio marito). |