NDRUNGHILIJÈ

Rumoreggiare. È un termine onomatopeico derivante da “ndrung”, simulazione del rumore di qualcosa che urta contro qualcos’altro emettendo suono sordo. Solitamente si utilizza per indicare una situazione di disagio dovuto, appunto, ad un rumore fastidioso e ripetitivo.
Uno dei tanti racconti che narravano le persone più anziane del nostro paese, fa proprio riferimento a tale rumore.
La favola, narra di un padre che, per motivi di indigenza, dovette abbandonare i propri figli nel bosco. Per evitare che si accorgessero delle sue intenzioni, li aveva lasciati in una radura dicendo loro che sarebbe tornato a riprenderli quando avesse finito di tagliare la legna in luogo poco distante.
- Non preoccupatevi se si fa buio. – Aggiunse – Se continuate a sentite il rumore dell’ascia sulla legna, vuol dire che ancora non ho finito e dovete ancora aspettare. –
L’uomo, invece, appena allontanatosi, posò accanto ad un tronco cavo un recipiente vuoto che, muovendosi con il vento, simulava il rumore sordo dell’ascia sulla legna.
Così i bambini, anche quando scese il buio continuavano a farsi coraggio dicendo:
- Siente, ancora fa li lene tate! - (senti, ancora fa la legna papà!)
Eh, nrunge, ndrunghe, ndrunghe, ancora fa li lene tate!” è spesso ancora oggi usata per indicare, appunto, un rumore che reca fastidio o una situazione in cui ci si prende solo la parte sgradevole e che si prolunga senza fine.