MAMÒZIE

Questo interessantissimo termine, ormai caduto quasi in disuso nel nostro dialetto, trova le sue origini nel lontano 1701. In quell’anno, infatti, a Pozzuoli durante alcuni scavi fu ritrovata una statua acefala che fu attribuita al console romano Mavorzio. Come si usava all’epoca il capo mancante fu reintegrato, ma con una testa troppo piccola rispetto al corpo dando così alla statua un’aria intontita. Il nome Mavorzio, fu, come quasi sempre accade, distorto in Mamozio che assunse da allora il significato di persona sciocca.
La scultura così conciata fu poi posta nella piazza del mercato e lo stesso Mamozio fu “santificato” dai venditori di ortaggi i quali, oltre a rivolgergli suppliche per ringraziarlo della stagione propizia, gli lanciavano fichi e pomodori.
Ad Isernia accanto alla Cattedrale sono poste quattro statue di età romana, originariamente acefale, ma successivamente anch’esse integrate con teste più piccole rispetto al corpo e che sono conosciute, appunto, come Mamozi.
Nel nostro paese con la frase “Pare nu Mamozie” (sembra un Mamozio) si intende dire che la persona a cui ci si riferisce è, appunto, uno stolto.