GNÀ
GNÈ

Questi due bizzarri monosillabi traducono il termine italiano "come" (nelle domande il primo, nelle risposte il secondo). Dietro l'apparente indecifrabilità dell'etimo, si nascondono semplicemente le forme contratte del verbo "insegnare" ai tempi dell'imperativo (esortativo) e del futuro (concessivo/dimostrativo). Negli esempi scritti che seguono è sicuramente più facile stimare il meccanismo di tali contrazioni:

Gnà stié? (domanda: come stai?) "inse-gna-mi (dimmi, indicami) come stai" (esortativa);
Gnè nu Pape (risposta: come un Papa! - benissimo!) "ti inse-gne-rò (ti dirò che, ti confesserò che) sto come un Papa (concessiva/dimostrativa).

Modi di dire: A parte i due piccoli esempi citati sopra, in dialetto abbiamo integralmente la stessa gamma fraseologica della lingua italiana.

"Gnà si fatte?" (come hai fatto?);
"gnè bielle!" (come è bello! - dimostrativa -) ecc.

Particolarmente gustose sono alcune forme idiomatiche assai ricorrenti in quanto allusive a fatti o racconti da cui trarre insegnamenti morali o di vita. Fra queste vi riproponiamo le seguenti:

"Ha fatte gnè culle chi piscette a li fichere.!" (si è comportato come quel tizio che fece la pipì sui fichi!).

- L'espressione fa riferimento ad un noto racconto in cui il protagonista, ad un certo punto della storia, orina con spregio sulle scorze di quei fichi che, più avanti nella narrazione, sarà costretto a mangiare per necessità. L'aneddoto vuole mettere in guardia dal compiere azioni avventate o maldestre per colpa delle quali si potrebbe provare in seguito un inutile pentimento o, peggio, subire umiliazione;

"Gnè lu cunte di lu cuscinille." (come "il racconto del piccolo cuscino").

- In questo caso si fa riferimento ad una notissima quanto lunga fiaba per bambini che veniva narrata allo scopo di intrattenere il più a lungo possibile gli ascoltatori. In essa si raccontava, con dovizia di particolari ed attraverso intricate vicende, il tentativo di recuperare un piccolo cuscino prodigioso che era stato smarrito o, secondo altre versioni, trafugato. Sul punto di recuperare il prezioso "cuscinille", il protagonista della fiaba veniva beffardamente depistato dagli altri personaggi della vicenda che sistematicamente gli dicevano: "va chiù bballe ca lu truove!" (vai più avanti ché lo troverai!). La frase era il "tormentone" di tutta la fiaba ed i piccoli ascoltatori, grazie a questo espediente narrativo, venivano intrattenuti a lungo e tenuti a bada. Ancora oggi, quindi, si cita questo celeberrimo racconto per l'infanzia col chiaro intento di ironizzare sulle lungaggini di una narrazione o su un complicato e paradossale svolgersi di eventi.