CANNARINE

Gola. Termine derivante dal partenopeo in cui con la parola “canna” o “cannarone” ci si riferisce proprio alla gola. Più raro, ma comunque usato, è il vocabolo “cannarino” da cui deriva appunto la nostra forma dialettale.
Particolarmente interessante è l’uso che, nei modi di dire, viene fatto sia del termine “cannarine” vero e proprio sia della parola “canna” preceduta dalla lettera “n” (‘ncanne). Di seguito se ne riportano alcuni esempi.

La crone di lu cannarine!
Maledizione alla gola!
Rivolto sia ai golosi sia a chi non smette mai di accumulare denaro.

Ja misse la foche ‘ncanne!
Lo ha preso per la gola!
È inteso sia in senso fisico, per esempio durante una discussione, sia in senso figurato, quando si costringe qualcuno a scegliere soluzioni per lui poco vantaggiose.

Mò mi mette la foche ‘ncanne!
Ora mi uccido strangolandomi!
Espressione usata generalmente quando si vuole sottolineare la propria disperazione in una situazione di grande disagio.
Solitamente, come in ogni sceneggiata che si rispetti, si fa seguire la frase portandosi le mani alla gola e, stringendola con forza, si emette anche qualche rantolo.

Si suppone, infine, che la parola “foche”, non sia altro che la traduzione dialettale del vocabolo forca inteso come strumento da lavoro usato per ammucchiare la paglia.
Tale strumento, nella versione artigianale, era ricavato dal ramo di un albero di circa un metro e mezzo in cima al quale due rami formavano i rebbi. Nel nostro caso il pollice e l’indice delle mani che stringono la gola sono appunto i rebbi della forca.