IL FICO
 
Quando si parla di questa pianta non si può fare a meno di pensare ai suoi dolcissimi frutti. Fino a non molti anni fa le piante che si trovavano nelle campagne circostanti il nostro paese erano spesso oggetto delle razzie dei ragazzi che ne saccheggiavano i frutti con il comprensibile disappunto dei contadini.
Del resto tale prelibatezza non sfuggiva neppure all'attacco degli uccelli i cui assalti erano certamente meno controllabili di quelli degli esseri umani. Per porre rimedio a tale inconveniente erano in molti che, per scacciare i pennuti razziatori, utilizzavano il vecchio sistema degli spaventapasseri. Tale sistema, utilizzato anche per il grano, non sempre funzionava o meglio, funzionava soltanto nei primi tempi, poi gli uccelli si abituavano agli stracci appesi ai rami ed al loro movimento e tranquillamente si rimpinzavano dei frutti.
Questa abitudine di appendere cenci tra le fronde delle piante era così apprezzata da un noto personaggio del nostro paese che, quando si voleva indicare una condizione di particolare disordine in casa si usava dire: - Leve ssi pienne da esse sobbre, ca pare li fìchere di..! - (Togli quei panni da lì sopra ché sembrano i fichi di..! -
Un discorso a parte va fatto sui nomi delle diverse qualità dei frutti. Credo che tutti ricordino "Li fìchera nere" (I fichi neri), "Li fìchere avuttate" (intraducibile), "Li fìchere a flacciene" (altro termine di altro universo) e tanti altri ancora.
Naturalmente non vanno dimenticate "Li fìchere secche" (i fichi secchi) ottenuti appunto dall'essiccazione del frutto in questione ed utilizzati soprattutto in inverno sia per i decotti che per rallegrare le feste natalizie. Per tale scopo erano scelti i fichi "chi tineve lu mele mmocche" (che avevano il miele in bocca), cioè i più maturi da cui fuoriusciva dal foro in basso una piccola goccia di dolcissimo nettare.
 
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